(segue) «Vivere pericolosamente»
(2 agosto 1924)
[Inizio scritto]
Tante voci e tante parole corrono
gli orizzonti. La fortuna delle parole! Varrebbe la pena di scrivere
un volume; parole che passano e non lasciano traccia, attorno alle
quali ci si affatica. Prima era la libertà, che era tolta al
popolo italiano. (Il Duce sorride, incrocia le braccia e, guardando
fisso dinanzi a sé, dice): Ma il popolo italiano non me l'ha
mai chiesta!
Io sono assai dolente che il
Governo, in questi due mesi, per le vicende politiche non abbia
potuto fare dell'ordinaria amministrazione, che consiste nel dare
delle strade, degli acquedotti, delle case al popolo italiano.
(Applausi fragorosi).
Poi è venuto l'argomento
della normalizzazione, che nessuno sa ancora che significhi. Poi
l'antirisorgimento. Questa è l'ultima delle trovate. Tutto si
può mistificare, anche la storia, ma il Risorgimento è
un fenomeno enormemente complesso: c'è di tutto: ci sono anche
le bombe di Felice Orsini. È singolare che oggi questo
bombardiere sia molto onorato. C'è il nord e il sud, diverse
tendenze; probabilmente c'è stata una promiscuità, non
veramente una giuntura, fra nord e sud, perché non bastano le
ferrovie a determinare l'unità spirituale di un popolo. Nel
Risorgimento tutti i fattori entrarono, onde non si potrebbe pensare
cosa più ridicola di voler coprire questo grandioso fenomeno,
che comincia con una rivolta militare e finisce con un'entrata
mediocre a Roma, mettendovi sopra il grande mantello variopinto di un
grande partito che allora non esisteva.
Un'altra cosa io debbo ancora
dirvi.
Non abusiamo dei casi di
coscienza, rendiamoci conto della situazione. Noi siamo un esercito,
un partito, una massa accerchiata. Abbiamo delle simpatie diffuse,
che subiscono degli alti e dei bassi ma, in realtà, per un
fenomeno di cui voi misurate le tappe successive. Tutti coloro che
per i più diversi motivi avevano aderito a noi e ora si
allontanano, sono quelli con i quali evidentemente non è
possibile andare d'accordo; si vede che mancano le condizioni della
semplice convivenza. Ma allora quelli che fanno parte di questo
esercito che si muove in un ambiente che tutte le opposizioni cercano
di rendere più ostile e difficile, tutti coloro che sono in
questo partito debbono considerarsi, non dei filosofi alla ricerca
dello specifico perfetto, non dei dottrinari che esaminano un
problema determinante soluzioni, ognuna delle quali dimostra l'errore
degli altri, ma dei soldati.
(segue...)
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