(segue) Agli operai del Monte Amiata
(31 agosto 1924)
[Inizio scritto]
Si tratta di stare fermi, solidi.
Vi assicuro che il clamore degli altri è molesto, ma
perfettamente innocuo. Le opposizioni, tutte insieme, non dirò,
come disse Bismarck, che non valgono le ossa di un granatiere della
Pomerania; ma vi assicuro che sono perfettamente impotenti. Il giorno
in cui uscissero dalla vociferazione molesta, per andare alle cose
concrete, quel giorno noi di costoro faremmo lo strame per gli
accampamenti delle Camicie nere.
Con questo non intendiamo di
agitare attraverso questa nostra adorabile penisola fiaccole di
guerra e di inquietudini. Affatto. Noi ripetiamo qui, in questo luogo
così suggestivo, che vogliamo dare la pace al popolo italiano,
la pace all'estero. E l'abbiamo data senza rinuncie inutili e
vogliamo darla anche all'interno, contemperando gli interessi di
tutte le categorie e rispettando tutti gli elementi sinceramente
devoti alla causa della Nazione.
Sono molto lieto, ad esempio, di
avere qui accanto a me nel pubblico, il mio collega dei Lavori
Pubblici, il vostro conterraneo Sarrocchi, di fede liberale. Egli
collabora con me da qualche mese; egli può dire che la
collaborazione con me non è pesante, perché io non ho
borie di padrone.
Il Fascismo italiano nel suo animo
è incorruttibile e non disposto a vendere, per un piatto di
lenticchie miserabili, i suoi diritti ideali, ma non intende nemmeno
di chiudersi in una torre d'avorio aristocratica e inaccessibile.
Questa è la collaborazione
che io ho sempre sostenuta, che ho sempre vagheggiata. Ho detto che
non cercavo nessuno e che non respingevo e non respingo nessuno. Però
coloro che vogliono fare la strada con me debbono essere prima di
tutto gente di buona fede e al di sopra degli interessi più o
meno essenziali dei partiti, debbono avere in vista l'interesse
comune della Nazione.
(segue...)
|