(segue) I discorsi del cinque ottobre
(5 ottobre 1924)
[Inizio scritto]

      Voi vi riunite a Congresso e, come bene ha detto il secondo oratore, non soltanto per discutere i vostri interessi professionali, ma anche per affrontare i problemi che interessano la Nazione. In questo opuscolo che ho davanti agli occhi, noto argomenti che possono appassionare voi e non soltanto voi. Vi si parla del problema della marina mercantile italiana. Sfogliandolo ho già visto che il relatore ha toccato parecchi tasti assai importanti di questo che è un problema fondamentale della Nazione italiana: se è vero che noi siamo circondati dal mare e che tutti i nostri problemi di rifornimenti dipendono in gran parte dal mare, e dal mare, come già ci venne la vita, potrà anche venirci la fortuna e la prosperità.
      Esaminate dunque questo problema con animo sereno. Questo forse è un congresso più utile di altri, perché, invece di discutere sui grandi problemi della politica interplanetaria, discute di cose concrete dalle quali dipendono domani il benessere, la prosperità e la sicurezza della Nazione italiana.
      Signori! In questo momento io voglio esprimervi tutti i miei fervidi auguri per il vostro lavoro e assicurarvi della mia piena e fraterna simpatia.


      Dall'Università Bocconi, il Duce passò alla Casa del Fante, per l'inaugurazione della nuova sede e fece le seguenti dichiarazioni:

      Un equivoco stava per togliermi il piacere di questa visita. Non sapevo che si trattasse della inaugurazione della vostra nuova sede. Son tra voi non come Capo del Governo, non come Capo di un Partito; son tra voi come soldato, come fante. Io che ho visto il fante in trincea, so quanto ha sofferto, quanto ha lottato, quanto sangue ha sparso e quale enorme tributo ha portato alla vittoria italiana. L'ottanta per cento dell'Esercito è composto di fanti. Si può ben dire che il fante rappresenta la Nazione. Io non amo specializzazioni, ma riconosco un sol privilegio: quello del fante. Il fante in guerra era una cosa speciale: aveva i compiti più gravosi, più tremendi. Poi doveva star in trincea delle volte per trenta, per quaranta giorni: una cosa ben diversa da coloro che vi venivano per sei o sette giorni o magari ci stavano un'ora, che comparivano nelle grandi occasioni, magari proprio in quella opportuna per pescare una medaglia.

(segue...)