(segue) I discorsi del cinque ottobre
(5 ottobre 1924)
[Inizio scritto]

      Così io intendo la collaborazione. Così la intendono in questa gloriosa Legnano — gloriosa non meno per le industrie che per la battaglia — così la intendono i vostri industriali dei quali un modello è il vostro onorevole Tosi, il cui padre ha creato, attraverso decenni, queste potenti officine dalle quali escono opere mirabili.
      Voi, operai, potete essere oggetto di lusinghe. Ma io vi ripeto che il Fascismo ed il Governo che rappresento non hanno nessun interesse ad andare contro la classe lavoratrice. Se lo facessero sarebbero stolidi. La classe lavoratrice è la potenza, la speranza, la certezza dell'avvenire d'Italia.
      Eleviamo dunque un pensiero di gratitudine a questi vostri compagni, eleviamo un inno al lavoro umano che forma, aumenta, accresce la ricchezza nazionale con la conquista dei mercati del mondo, al lavoro che è il vostro titolo di nobiltà.
      Viva il lavoro, viva l'Italia.


      Il Duce proseguì poi da Legnano a Gallarate, ove presenziò all'inaugurazione del labaro della 26a Legione della M.V.S.N., che ha come motto «Amore armato», e rivolse al popolo le seguenti parole:

      Dopo i discorsi del Cappellano della Milizia volontaria e del Console della 26a Legione, voi dite: «il Presidente deve essere stanco, si è alzato di buon'ora per la "Coppa Baracca", ha partecipato a diverse cerimonie, ha avuto una giornata piena». Vi ingannate. Non sono affatto stanco, tanto che non so resistere alla tentazione di chiudere questa grande manifestazione con un discorso politico, anzi polemico.
      Sarò breve: la stagione non consente lunghi discorsi. E mi domando: sogno o sono sveglio? Tutto ciò che accade intorno a me è favola o realtà? Questa imponente massa di popolo si compone di uomini vivi o di larve uscite mentre cala il crepuscolo?

(segue...)