(segue) I discorsi del cinque ottobre
(5 ottobre 1924)
[Inizio scritto]

      Le folle che mi hanno circondato stamane: a Cinisello, a Milano, ed erano i grandi Fanti d'Italia, a Legnano, ieri a Lodi, qui, ora, a Gallarate, esistono realmente o sono invenzioni di menti malate?
      Le grida che mi accoglievano erano di simpatia o di ripulsa? Erano fiori o sassi quelli che mi venivano lanciati al mio passaggio?
      I Sindaci dei vostri nobili Comuni, gli esponenti della vostra vita economica, culturale, amministrativa, i combattenti ed i mutilati, il minuto popolo, erano dunque spinti dalla violenza o obbedivano al loro istinto profondo? Ma allora questo è o non è consenso, consenso vasto di popolo? Perché mi si rimprovera di parlare spesso sulle piazze? Non è questo il più democratico dei costumi politici?
      Tutto ciò accade mentre a Livorno si fa ancora una volta il processo inutile al Fascismo. Che pena questi giovani che mostrano le anemie del loro spirito precocemente accartocciato! Che pietà gli sfoghi individuali di uomini furibondi per la mancata inclusione nel listone, nonostante le assidue frequentazioni al Viminale! Che miseria la grama requisitoria antifascista pronunciata dall'uomo che dirigeva il Ministero dell'industria e commercio all'epoca del più grande crollo bancario che gettò nella disperazione quattrocentomila famiglie di piccoli risparmiatori!
      No, date a Cesare quel che è di Cesare, e all'ex ministro Belotti quel che gli appartiene. Tuttavia noi siamo tranquilli. I fascisti livornesi assistono al vituperio scagliato sulla loro più pura passione nella massima tranquillità. Questi sono gli ordini partiti da Roma e i fascisti livornesi — che pure sono numerosissimi — non mancano ai doveri dell'ospitalità e danno esempio di sopportazione e di disciplina, del resto non saranno le chiacchiere dette o stampate che fermeranno le nostre ruote perché noi non abbiamo votato soltanto degli ordini del giorno o scritto dei monumentali articoli: abbiamo versato del sangue, del purissimo sangue: i nostri caduti si contano ormai a migliaia in ogni parte d'Italia» ancora e sempre sale dalle nostre anime il grido della concordia e della pace. Ma siamo uomini, non santi o candidati alla santità. Noi siamo sinceri nella nostra invocazione: non altrettanto si può dire degli altri, almeno fino ad oggi.

(segue...)