Al popolo dell'Aquila
(12 ottobre 1924)
Nello stesso
giorno, 12 ottobre 1924, da Rieti il Duce passò negli Abruzzi,
andò all'Aquila, ove, dal Palazzo Betti, parlò al
popolo adunato.
Concittadini dell'Aquila!
Laboriose e valorose popolazioni dell'Abruzzo e del Molise!
Non volevo veramente pronunciare
altri discorsi dopo quello che ho pronunciato recentemente a Milano,
ma questo vi sarebbe probabilmente spiaciuto: ebbene voglio venire
incontro impetuosamente al vostro desiderio.
Leggevo ieri sera in uno dei tanti
giornali che infettano la Capitale, questa frase singolarissima: «Il
Governo è isolato». (Gli astanti ridono).
La vostra franca risata, il vostro
scoppio di ilarità giovanile è già una risposta
a questa affermazione, stoltissima fra le stolte affermazioni dei
nostri avversari. Oggi non si può veramente dire dinanzi a
questa moltitudine che raccoglie uomini di tutte le terre della
vostra regione, non si può dire che il Governo sia isolato.
Oggi ho udito la parola dei magistrati, dei vostri nobili Comuni,
delle vostre rappresentanze provinciali, i combattenti, i mutilati,
le madri e le vedove dei caduti, tutti coloro che molto hanno
sofferto perché molto hanno dato alla causa della Nazione
durante la; grande guerra. Poi le Camicie nere, poi il popolo con la
sua grande anima è venuto a dirmi una parola schietta di
solidarietà e di simpatia. Non posso supporre che questi
omaggi siano di semplice convenienza o, peggio ancora di miserabile
ipocrisia. Evidentemente essi rispondono ad un moto profondo,
incoercibile dello spirito. Il popolo italiano, il buono, il saggio,
il forte, il laborioso popolo italiano, sente che non sono un
tiranno, non sono un padrone, né sono tormentato da folli
ambizioni. Ho l'orgoglio invece di essere il servo della Nazione, ho
la coscienza di fare tutto il possibile per rendere il popolo
italiano grande, prospero, potente all'interno ed all'esterno.
(segue...)
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