Al popolo di Busto Arsizio
(25 ottobre 1924)
Il 25 ottobre 1924
s'inaugurava a Busto Arsizio la nuova stazione ferroviaria. Il Duce
vi si recò con S. E. Costanzo Ciano, Ministro delle
Comunicazioni, e presenziò alla cerimonia. Visitò poi
l'Ospedale, per recarsi infine al Municipio, ove rivolse al popolo
adunato questo breve discorso. L'inizio di queste parole è
ispirato dai berretti tricolori degli studenti.
I miei occhi sono allietati dalla
bandiera vivente, dalla vista dei tre gloriosi colori che riassumono
il sacrificio, la gloria e le speranze migliori della Patria. Vedo
dinanzi a me i «Balilla» e gli avanguardisti, le camicie
nere che si propongono di commemorare un anniversario glorioso e il
popolo tutto che si raccoglie attorno ai gagliardetti che
simboleggiano non soltanto la lotta, ma la disciplina, la concordia e
il lavoro di tutti i cittadini che sono devoti profondamente alla
causa della Nazione. Ogni giorno che passa noi poniamo le pietre
dell'edificio della grandezza della Nazione: oggi è una
stazione, domani sarà un porto, dopodomani una bonifica.
Stamane era il circuito telefonico sotterraneo, novità in
tutta Italia, che legherà le ire potenti città
dell'Alta Italia: Milano, Genova, Torino; domani le strade calabresi,
le bonifiche in Sardegna; tanti problemi che ci affaticano e che noi
portiamo a compimento dopo mezzo secolo di inutili chiacchiere.
Ed è soltanto così
che la Nazione diventerà prospera e potente. È soltanto
così che noi cancelleremo talune deficienze per cui l'Italia è
la terz'ultima nazione al mondo in fatto di telefoni: con la Russia e
il Brasile. Tutte le altre nazioni sono molto più sviluppate
di noi. Questi sono segni di deficienza che dobbiamo energicamente
curare, altrimenti diventeremo la colonia di qualche popolo più
potente del nostro; e siccome noi siamo troppo orgogliosi della
vittoria che abbiamo strappato con immenso sacrificio di sangue per
pensare anche lontanamente di diventare una colonia, così il
dovere dell'ora di tutti i cittadini è quello di lavorare con
tranquilla coscienza, giorno e notte, non soltanto otto, ma sedici
ore, se sarà necessario, pur di aumentare la potenza, la
ricchezza e il benessere della Patria.
(segue...)
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