(segue) Al popolo di Bergamo
(27 ottobre 1924)
[Inizio scritto]

      Ricordate le giornate del Piave, che costituiscono la gloria della generazione novissima. Erano i giovinetti ed i solidi territoriali: chi si affacciava alla vita e chi ne era al declino, uniti sulle sponde del fiume sacro, decisi a riprendere la marcia che ci condusse a Vittorio Veneto.
      Sono passati sei anni, ma forse tre non dobbiamo contarli. Non vogliamo insistere sugli anni grigi. È accaduto altra volta dopo una grande guerra, che i popoli siano stati presi da una specie di collasso morale. Era forse la stanchezza quasi umana e naturale che veniva dopo grandi, immense fatiche. Ma oggi l'Italia offre uno spettacolo magnifico. Oggi tutti quelli che hanno contribuito con la loro opera e il loro sangue alla vittoria hanno un posto altissimo nel cuore del popolo italiano. Oggi il popolo si volge con un senso di gratitudine infinita ai comandanti del glorioso esercito; si volge con gratitudine non meno infinita ai mutilati, ai combattenti ritornati alle opere civili e di pace, alle madri e vedove dei Caduti, agli orfani che portano nella loro adolescenza, priva di sorrisi, tutto il peso del sacrificio, tutto il peso incomparabile della gloria.
      Questo è oggi il popolo italiano, il popolo che si è assoggettato a questa necessariamente dura disciplina. Non possiamo permetterci i lussi della discordia quando dobbiamo risolvere formidabili problemi che interessano, fin nella sostanza viva, la esistenza della Nazione. E di questo popolo, voi Camicie nere, costituite l'avanguardia. Voi siete da me amate ed ammirate. Qualche volta castigate, perché ciò è necessario. Ma io non posso dimenticare il vostro sacrificio, la vostra devozione alla Patria; la prontezza mirabile del vostro spirito per cui siete sempre pronti a dare nuova e più profonda prova del vostro amore per l'Italia.
      Mentre siamo davanti a questa torre sacra, che è un simbolo e un monumento, che è fatta di pietre, ma è fatta anche di cuori e di passioni, non vogliamo che parole improvvise servano a incrudire discordie e dissensi, ma piuttosto dire ancora una volta a tutti gli italiani la parola della disciplina, della concordia civile, perché tutti l'ascoltino: e guai a chi non l'ascolterà, perché in quel momento si sarà esso stesso deliberatamente bandito dal suolo e dall'animo della Patria.

(segue...)