(segue) Al popolo di Cremona
(29 ottobre 1924)
[Inizio scritto]

      Veramente mi sono collaudato in fatto di pazienza. Sono mesi e mesi che siamo martellati da una campagna di calunnie che i fatti smentiscono ora per ora. Si è osato gettare un'ombra di sospetti su un Governo al quale nessuno che sia in buona fede può negare il merito di avere in ogni ora, in ogni giorno, fedelmente adempiuto ai suoi doveri per il Re e per la Nazione. Ci siamo macerati lungamente nello spirito, abbiamo sofferto, ed abbiamo taciuto, ci siamo sottoposti a questo durissimo cilicio: perché? Perché vogliamo veramente che la concordia regni fra tutti noi italiani; perché non amiamo la violenza per la violenza.
      La violenza, per noi, non è uno sport, non è mai stata né può essere un divertimento. Per noi la violenza può essere, come la guerra, necessità durissima di certe determinate ore storiche, ma il sogno che portiamo nel cuore è il sogno dell'Italia pacifica, concorde, laboriosa, in cui tutti si sentano figli della stessa madre ed accomunati agli stessi destini.
      Popolo di Cremona: io ho raccolto la vostra impazienza, ma io sono paziente e debbo esserlo. Ma ve lo assicuro, la battaglia è vinta su tutta la linea.
      Non saranno le poche decine di politicanti che noi rispetteremmo se fossero in buona fede, che potranno fermare con le loro dighe cartacee il corso impetuoso di questo fiume. Non saranno i signori dell'Aventino, (scendano o non scendano, della qual cosa, del resto, io mi strainfischio) che ci impediranno di discutere a Camera aperta i grandi problemi che interessano il popolo italiano, i problemi della sua economia, il problema delle sue finanze, i problemi imponenti e formidabili essenziali della sua difesa militare per terra, per mare e per cielo. Non ci impediranno di dare le savie ed oneste leggi che il popolo attende.
      Intanto noi abbiamo dimostrato, pur attraverso a qualche travaglio, che sappiamo obbedire alle leggi. A tutte le leggi: a quelle che sono, a quelle che saranno, perché noi vogliamo realizzare la vera normalità da non confondersi con l'altra brutta parola che ripudio, la vera normalità di nazione civile, laboriosa, concorde, conscia dei suoi immancabili destini.

(segue...)