(segue) Bissolati
(29 ottobre 1924)
[Inizio scritto]

      Come dicevo l'altro giorno a tremila operai che mi ascoltavano negli stabilimenti metallurgici di Dalmine, io sono amico degli operai, ma un amico severo. Io non inganno, non vendo fumo, non dico loro che sono grandi quando sono piccoli, non dico che sono sapienti quando sono ignoranti, non dico che essi siano il motore ed il perno dell'universo, perché io allora dovrei mettere sullo stesso piano ed in prima linea coloro che, lavorando col cervello, mandano avanti sulla via della civiltà pura la società umana. Sono un amico severo. Appunto per questo voi dovete valutare al giusto la mia amicizia.
      Tristi amici sono coloro che ingannano; tristi amici sono coloro che seguono il carro quando si trionfa e si squagliano immediatamente non appena il vento cambia direzione.
      Nessuno di voi nutra delle illusioni o dei dubbi. Noi teniamo la Nazione non per servircene, ma per servirla, in umiltà, con devozione assoluta, con senso che io vorrei quasi chiamare religioso del nostro dovere. E tutti dobbiamo considerarci servi della Nazione. E se questo era il sogno di Leonida Bissolati, che voleva la Patria riconciliata fra tutte le sue classi, rispettata dall'esterno, forte all'interno, diventerà presto, credetemi, per volontà di tutto il popolo italiano, la grande, la bella, la magnifica realtà di domani.