(segue) Per la riforma dell'Esercito
(2 aprile 1925)
[Inizio scritto]

      Ma quando l'erario si trova nelle condizioni in cui si trova il nostro, quando il pianoforte fiscale è stato battuto e ribattuto e c'è pericolo di vederselo fracassato fra le mani, quando insomma non si può più oltre abusare dell'eroismo troppo decantato e giustificabilissimo del contribuente italiano, quando insomma occorre fare una politica di economia il quesito s'impone: si debbono fare queste economie sui quadri? No. I quadri sono l'ossatura dell'Esercito; gli ufficiali sono l'anima dell'Esercito, devono essere ben trattati, ben preparati. Debbono farsi delle economie sui materiali, sulle dotazioni e sulle macchine? No. L'esperienza della guerra è conclusiva.
      Mi è accaduto di leggere pochi giorni fa un libro assai interessante: Le memorie di Gallieni. Niente di più emozionante delle pagine che egli dedica a descrivere lo stato in cui si trovò il campo trincerato di Parigi. Le brigate dei territoriali francesi erano assolutamente disarmate di fronte agli ulani (non lo dico io, lo dice Joffre e lo conferma Gallieni). Nel campo trincerato di Parigi non c'erano cannoni, non c'erano mitragliatrici, c'erano vecchi fucili; non c'erano telefoni da campo, né tutti gli altri strumenti di segnalazione. Momenti terribili per la Francia i giorni che vanno dal 26 agosto al 5 settembre quando il piano dello Stato Maggiore tedesco era in pieno svolgimento e dopo aver attraversato il Belgio si puntava su Parigi e si era già arrivati ai bordi estremi della foresta di Compiegne.
      Bisogna leggere quelle pagine per convincersi che non si sarà mai abbastanza dotati di mezzi e di macchine. Il generale Ludendorff cominciò a disperare della vittoria quando, nella seconda battaglia della Somme, vide la pianura e le colline popolate di tanks.
      E che cosa valeva per i Russi l'essere uno sterminato esercito, quasi un formicaio, quando nella Galizia c'era un fucile ogni tre uomini?

(segue...)