(segue) Per la riforma dell'Esercito
(2 aprile 1925)
[Inizio scritto]

      Onorevoli Senatori, dato il tono della discussione che fu rigorosamente contenuta nel campo tecnico, dato anche — non vi dolga se io faccio questa constatazione — il turbamento in cui voi o almeno molti di voi vi trovate di fronte a responsabilità di grave momento, aumentate dalle opposte tesi sostenute da uomini che guidarono le armi alla Vittoria, dal momento che si profila la possibilità di una soluzione di questo contrasto soddisfacente per l'una e per l'altra parte e soprattutto soddisfacente per l'Esercito italiano, non vi stupirete della mia richiesta e soprattutto non le darete delle interpretazioni arbitrarie.
      Voi intendete che non si tratta della sorte ministeriale di un uomo o di un progetto. Noi siamo qui anello di congiunzione tra coloro che furono e coloro che saranno nella nostra Patria; noi siamo qui i custodi della Vittoria che dobbiamo tramandare a coloro che verranno, pura e potente. Qui, on. Senatori, ed io lo vedo dall'ansia con cui avete seguito questa discussione, e anche dall'attenzione con cui avete ascoltato le mie parole, voi sentite che qui la posta del giuoco è suprema e richiede che ognuno assuma le sue responsabilità attraverso il vaglio della propria coscienza. Qui sono in giuoco la sicurezza e la potenza della Patria.

      S. E. Di Giorgio rassegnò le proprie dimissioni, e l'interim della Guerra fu assunto dal Duce.