(segue) La donna e il voto
(15 maggio 1925)
[Inizio scritto]
Senza cadere nelle esagerazioni
dei femministi che attribuiscono alla donna qualità che a mio
avviso non le si debbono attribuire, io penso che la società
nazionale può ricevere dall'attività femminile
amministrativa, dell'utilità. Non credo che questo varco darà
luogo alla fiumana suffragista. Prima di tutto c'è la nostra
volontà contraria. In secondo luogo le donne italiane sono
state assai discrete. Se non ci fosse altro motivo per dare loro il
voto ci sarebbe questo. Non hanno fatto chiassate. Non si sono
agitate in questo paese dove c'è sempre un agitato e un
agitatore.
Non v'è dubbio dunque che
il posto occupato dalla donna nella vita sociale è oggi
estesissimo e tende ad aumentare. Non la ricaccerete più la
donna dalle posizioni in cui essa è venuta a trovarsi. A meno
che non ci sia una catastrofe del capitalismo che ci riconduca ad un
tenore di vita che noi crediamo di aver superato.
Lasciamo stare la questione della
guerra. La donna ha fatto grandi cose durante la guerra. Ci sono
stati esempi di eroismo femminile superbo in Italia, abbiamo avuto
l'eroismo di Ala, come nel Belgio l'eroismo di Miss Cavell fucilata
dai tedeschi, una figura di rilievo altissima. Ma un'altra cosa c'è
da meditare e cioè che il problema della guerra di domani è
un'ipotesi che dobbiamo sempre tenere presente nel nostro spirito. In
questa eventualità la donna occupa un posto ancora più
alto e noi in una legge che non è ancora stata presentata a
voi ma che lo sarà prossimamente e che è già
stata approvata dal Senato, legge che si intitola della
«mobilitazione della Nazione in guerra», contempliamo il
caso della mobilitazione femminile.
In questa legge è detto:
«In caso di mobilitazione generale o parziale, tutti i
cittadini, uomini e donne sono obbligati a concorrere alla difesa
morale e materiale della Nazione e sono sottoposti ad una disciplina
di guerra».
(segue...)
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