(segue) «Intransigenza assoluta»
(22 giugno 1925)
[Inizio scritto]
Ieri ho detto all'on. Rossoni che
bisognava difendere il lavoro: certamente. Ma non è vero che
io sia scettico sul sindacalismo. Volevo vedere chiaro nelle cifre,
ma io sono un vecchio sindacalista. Io ritengo che il Fascismo debba
esplicare gran parte della sua energia nell'organizzazione,
nell'inquadramento delle masse lavoratrici, anche perché ci
vuole qualcuno che seppellisca il liberalismo. Il sindacalismo,
l'affossatore del liberalismo! Il sindacalismo, quando raccolga le
masse, le inquadri, le selezioni, le purifichi e le elevi, è
la creazione nettamente antitetica alla concezione atomistica e
molecolare del liberalismo classico. Eppoi, o camerati, non è
più il caso di discutere sulla opportunità o meno del
sindacalismo. Come sempre, il fatto, nel Fascismo, ha preceduto la
dottrina. Bisogna fare del sindacalismo senza demagogia, del
sindacalismo selettivo educativo, del sindacalismo, se volete,
mazziniano, che non prescinde mai, parlando dei diritti, dai doveri
che bisogna necessariamente compiere.
Vorrei combattere una piccola
stortura che affiora qua e là nelle provincie. Essa è
il risultato di un capriccio o di uno scherzo, quando non sia
originata da questo impulso alle storture, che io combatto
rigidissimamente: ed è la stortura antiromana. Signori, io
sono romano! Signori, è ora di finirla con i municipalismi! In
uno Stato bene ordinato non vi è che una capitale, e quando
questa capitale si chiama Roma, tutti hanno il dovere di sentire
l'ineffabile orgoglio di essere gregari di questa immensa e superba
capitale. Prima di tutto, non è vero che a Roma non vi sia il
Fascismo, e che Roma sia una specie di sentina. In ogni caso la
farebbero gli italiani, perché i romani sono una minoranza a
Roma. Ma poi, tutto ciò è nemico, o signori, di quella
concezione dell'impero, che è la base della nostra dottrina.
L'unica città che nelle rive del Mediterraneo, fatale e
fatato, abbia creato l'impero è Roma. Noi abbiamo i nostri
morti, i nostri gloriosissimi morti, e non è senza commozione
che ieri sfogliavo il libro che è dedicato alla loro memoria.
Ma non bisogna fare troppe cerimonie sui nostri morti. Vi prego,
uscendo di qui, di non andare dal Milite Ignoto. Non bisogna dare
l'impressione che il Milite Ignoto sia diventato una specie di
passeggiata obbligatoria. Ormai ci vanno tutti. Anche quelli che sono
responsabili della morte di tanti militi più o meno ignoti,
sacrificati al disfattismo di prima, durante e dopo la guerra.
(segue...)
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