(segue) «Intransigenza assoluta»
(22 giugno 1925)
[Inizio scritto]

      Ed ora che ho parlato a voi, parlo agli altri. Noi siamo indicati come i revisori dello Statuto, come i tiranni che hanno ucciso la dea libertà, come i calpestatori della Costituzione. Vi è un Giosuè liberale che proietta le sue posteriorità eminenti all'orizzonte e grida: fermati o sole! Quanti ne abbiamo di questi Giosuè all'ingiro! Ed il sole si sarebbe fermato il 4 marzo 1848 quando fu concesso lo Statuto! Ebbene, io ho una grande venerazione per tutte le cose che rappresentano un episodio significativo nella storia della Nazione italiana. Ma lo Statuto, o signori, non può essere un gancio al quale si devon appiccare tutte le generazioni italiane. Lo stesso Cavour, all'indomani della promulgazione dello Statuto diceva: «lo Statuto è modificabile». La stessa tesi fu sostenuta di poi da Minghetti, da Crispi, da Bertani e da moltissimi altri. Lo Statuto era adatto al Piemonte del 1848; il quale Piemonte ha moltissimi meriti, ma non ha quello dello Statuto. Non è il Piemonte che ha dato lo Statuto all'Italia, è l'Italia che ha dato lo Statuto al Piemonte. E notate, o signori, che il Piemonte ha un'importanza straordinaria nella storia della Nazione italiana, perché per molti secoli è stato l'unico Stato nazionale, l'unico Stato che faceva una politica internazionale, l'unico Stato che aveva un esercito, che partecipava a tutte le grandi guerre d'Europa, l'unico Stato che nel 1848 ha avuto il coraggio, piccolo Stato di pochi milioni di uomini, di andare contro a quel grande colosso che era l'Austria di allora. Ma non ha il merito dello Statuto.
      Giorno per giorno noi dobbiamo violarlo. Guai se lo portassimo fuori all'aria libera! Lo Statuto del 1848 non contemplava le colonie. E forse che un governatore di colonia non ha diritto di far parte del Senato? Forse S. M. il Re non ha diritto di comandare le forze armate dell'aria, dal momento che lo Statuto non contemplava anche l'Aviazione? E di questi casi anacronistici ne potrei fare una collana. Ma poi vogliono dichiarare ancora che le istituzioni non possono diventare fasciste! Non solo lo possono, ma lo devono. Prima del 1848 le istituzioni erano assolutiste; dopo il 1848 si acconciarono al liberalismo. E perché ora, che siamo una nazione di 40 milioni di abitanti, che abbiamo ancora calda nel pugno la Vittoria, che siamo tutti frementi di nuova vita e di nuove forze, perché adesso si deve negare la possibilità che le istituzioni si adeguino alla realtà inestinguibile del littorio?

(segue...)