(segue) Discorsi agli ufficiali
(12-14 agosto, 12 settembre 1925)
[Inizio scritto]

      È con emozione sempre sottile, pur rinnovantesi, che io mi trovo tra i bersaglieri. Quando vedo le piume dei figli di Lamarmora mi sembra di riavere 20 anni.
      Ho l'orgoglio di avere appartenuto al vostro Corpo durante gli anni della pace e della guerra. E quando dopo la guerra si parlò di ridurre e anche di sopprimere il corpo dei bersaglieri, io mi sono opposto a questo che considero delitto di lesa Patria.
      Sono sicuro che domani, come oggi, i bersaglieri di Lamarmora e della IV Italia aggiungeranno nuove fronde a quelle che costituiscono il serto della loro incomparabile gloria.


      Il giorno seguente, 14 agosto 1925, il Duce passò in rivista i due Reggimenti dei Granatieri di Sardegna, accasermati a Santa Croce, in Roma. Poi rivolse agli ufficiali le seguenti parole:

      Signori Ufficiali!
      Vi prego di esprimere alle vostre truppe i sensi del mio compiacimento più fervido per il modo col quale si sono presentate a me stamani.
      Si vedeva nel loro comportamento la forza di una tradizione gloriosa e plurisecolare.
      I granatieri sono il fiore della nobile fanteria italiana e sono il privilegio e l'orgoglio fisico della stirpe: privilegio conquistato con tanto sangue — ed il sangue è il prezzo migliore — durante guerre secolari e durante l'ultima guerra, quando i granatieri del Cengio, degli Altipiani, delle paludi di Monfalcone hanno compiuto eroismi degni di storia immortale.
      Sono particolarmente lieto di trovarmi fra voi, perché vedo che ognuno di voi ha il petto segnato dai simboli del valore italiano e perché io conosco il vostro comandante il generale Piola-Caselli, col quale ho fatto la trincea sul Javorcek; e già da allora egli era leggendario fra tutti noi per la sua straordinaria intrepidezza.

(segue...)