(segue) Per il terzo anniversario della Marcia su Roma
(28 ottobre 1925)
[Inizio scritto]
In marcia, o milanesi, figli della
città che assomma in gran parte le sorti d'Italia.
In marcia, e non fermiamoci fino a
che le ultime mete non siano raggiunte.
Dopo il discorso
il Duce salì al foyer del Teatro e, ai richiami insistenti
della folla adunata in Piazza della Scala, uscì su la
terrazza, ed ebbe questo breve dialogo con la folla:
Cittadini!
Perché siete così
esigenti... (Voci: «Perché dì vogliamo bene! da
pretendere un supplemento al discorso che voi non avete ascoltato e
che leggerete? (Voci: «È la vostra voce che vogliamo
sentire!
Milano oggi ha dato una nuova
documentazione dei suoi sentimenti di devozione verso il Governo
fascista e di fede incrollabile nel divenire del Fascismo. Noi siamo
tanto forti che ci possiamo permettere il lusso non di perdonare a
coloro che per mesi ci hanno calunniati ingiustamente, ma il lusso di
ignorarli.
Giornata di profonda comunione fra
capi e popolo. Bisogna che tutti coloro che si illudono e si cullano
in sogni pazzeschi si convincano che ormai il cantiere... (Voci: «È
chiuso!»), lavora si, ma è proibito l'accesso ai non
addetti ai lavori. (Risa. Applausi. Voce: «Viva il
capomastro!»).
E condurremo quotidianamente,
infaticabilmente la nostra fatica fino al giorno in cui isseremo in
alto sul cantiere il tricolore di un'Italia più grande.
Il giorno
seguente, 29 ottobre 1925, il Duce ricevette in Prefettura una
rappresentanza del Comitato Centrale dell'Associazione Nazionale
madri, vedove e famiglie dei Caduti in Guerra che gli offrì
una corona cesarea d'oro decretatagli nel Congresso di Rovigo. Nel
ricevere il dono Egli disse:
(segue...)
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