(segue) Elementi di Storia
(31 ottobre 1925)
[Inizio scritto]


      IV.
      Si constata una realtà obiettiva affermando che mai il regime fascista fu più forte di ora e sostenuto da maggiore consenso di popolazione. Il terzo anniversario della Marcia su Roma, cade quindi in un momento particolarmente felice. Ma è in queste ore di successo che bisogna vigilare, controllare spietatamente se stessi; poiché la vittoria conduce all'ottimismo: l'ottimismo al facilonismo — a quella specie di trascuratezza spirituale che in certi momenti fu tipicamente italiana e il facilonismo sbocca nel disastro. Bisogna essere pessimisti nella vittoria. Soprattutto nella vittoria! Non abbandonarsi. Non credere che oramai tutto andrà bene. Questa che io vorrei chiamare credulità nello stellone, deve essere respinta e bandita recisamente dal Fascismo. L'arco della volontà deve essere sempre teso, perché spesso — il caso, la fatalità, gli uomini.' — minacciano, compromettono, guastano l'opera che si credeva compiuta.
      Ci sono delle storture che vanno immediatamente rettificate. Dire, ad esempio, che la ripresa del Fascismo è in relazione con la tragedia del giugno, significa confondere la semplice cronologia con la causalità. Significa attribuire un merito qualsiasi nello svolgimento degli eventi, a uomini che evidentemente non volevano elevare Matteotti al martirio politico né — quindi — pensavano di assurgere essi a protagonisti o campioni salvatori del Fascismo.
      L'involontarietà di quanto accadde è oramai storicamente, giudizialmente documentata e stabilita: nessun merito, dunque. Al contrario!
      La concatenazione 3 gennaio-Aventino-delitto è semplicemente stolta. I fascisti devono ripudiarla. La verità è che la beffa del giugno, beffa diventata orribile tragedia, indipendentemente, anzi, contro la volontà degli autori, determinò la «sosta» cui ho accennato e se il regime rapidamente poté essere in grado di sferrare il contro attacco, il merito, come ho detto, va alle masse rurali del Fascismo che non si sbandarono, a me che rimasi tranquillo al mio posto nell'imperversare delle molte bufere e al popolo italiano che non fu dimentico del passato e non disperò dell'avvenire.

(segue...)