(segue) Elementi di Storia
(31 ottobre 1925)
[Inizio scritto]

      Non alteriamo, dunque, le proporzioni degli avvenimenti e mettiamo al loro debito posto gli uomini! Altro punto da chiarire: la violenza. Gli episodi di Firenze rendono questo argomento di immediata attualità. Nel mio discorso dell'Augusteo parlai chiaro in proposito: la violenza è morale — dissi — quando sia tempestiva, chirurgica, cavalleresca. Ma quando il Partito della Rivoluzione ha in mano il Potere, la violenza dev'essere negli strumenti e nei fini esclusivamente «statale». Il Partito deve limitarsi a creare e mantenere un ambiente «simpatico» per l'esercizio di questa eventuale violenza di Stato. La violenza privata, individuale, incontrollabile, è antifascista.
      Vero è che tutte le rivoluzioni hanno pagine di cronaca nera e nerissima. Quella Rivoluzione francese, dalla quale sorsero gli immortali principi del demo-liberalismo, ebbe episodi innumerevoli di inaudita ferocia. Ghigliottinò in permanenza. Devastò intere regioni. Massacrò i suoi nemici a migliaia nelle prigioni, li annegò a migliaia nei fiumi. Mandò alla morte un poeta come Chénier, un chimico come Lavoisier. Bandì Cristo, deificò la Ragione. Sugli altari deserti o nei conventi distrutti, scannò a centinaia monache e preti. Le giornate dell'agosto, del settembre, del Terrore, riempiono l'animo di raccapriccio. La democrazia ha questo battesimo inconfondibile. Per imporla scorsero fiumi di sangue. La Rivoluzione fascista ha un altro stile. La piccola violenza a tre anni dalla Marcia su Roma, dopo il discorso del 3 gennaio e dopo le misure del Governo che hanno praticamente demolito le opposizioni, è troppo facile per essere eroica, è troppo dannosa per essere più oltre tollerata. Chi può rispondere di questa violenza? Chi la controlla? Chi può affermare ch'essa non sia agli ordini di un meschino interesse, di un sordido rancore o di un'intenibile criminalità?

(segue...)