(segue) 4 Novembre
(4 novembre 1925)
[Inizio scritto]

      Io non discuto, non metto minimamente in dubbio il patriottismo di coloro che in regime demo-liberale condussero la guerra. Il patriottismo è fuori questione. Ma il demo-liberalismo ci diede una pagina assai triste: non dobbiamo dimenticarlo. Quando la vita della Nazione è in giuoco non esistono più diritti di singoli: esistono i diritti del popolo che deve essere salvato ad ogni costo.
      E io affermo che se una più rigida disciplina fosse stata imposta alla Nazione senza differenza di fronti e di retrofronti, molto probabilmente non avremmo avuto un episodio triste che ancora ci turba. E soprattutto, commilitoni, non bisogna coltivare il cretinissimo principio che consiste nell'accettare il male con la semplice speranza che ne venga un bene. Era meglio arrivare a Vittorio Veneto senza le giornate dell'ottobre 1917. Basta con l'idolo e basta con l'idolatria stupida dello stellone. La storia deve insegnarci qualche cosa.
      D'altra parte dopo quelle giornate il popolo ritrovò se stesso. Ci fu la disciplina che i grandi capi avevano invano richiesta dal fronte.
      E il popolo italiano mandò i suoi giovanetti sul Piave; i mutilati, pure nello strazio delle antiche ferite, ritornarono al fronte per incuorare coloro che stavano in trincea.
      L'Italia fu magnifica, fu superba, piena di entusiasmo, di fede, di passione.
      Avemmo la Vittoria trionfale nel giugno e la Vittoria non meno trionfale di Vittorio Veneto.
      Chi di voi non ricorda quei giorni inobliabili? Però il popolo era nelle strade a festeggiare la pace, non ancora la Vittoria. Umano, profondamente umano.
      Ma la Vittoria non appariva ancora agli spiriti con tutta la sua potenza creatrice e nemmeno per tutto il 1919, a pace ultimata, ci fu il senso della Vittoria, e nemmeno nel 1920, quando una nobile città dell'Alta Italia, straziata dalle bombe nemiche, rifiutò la croce di guerra.

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