(segue) 4 Novembre
(4 novembre 1925)
[Inizio scritto]
Non il liberalismo. Non il
socialismo. Le masse oggi riconciliate con la Nazione entrano per la
grande porta spalancata dalla Rivoluzione fascista nello Stato e lo
Stato con la Monarchia in alto allarga smisuratamente le sue basi e
non ci sono più soltanto dei sudditi, ci sono cittadini; non
c'è soltanto una popolazione, ma c'è un popolo
cosciente. Questo è il problema, questa è la verità
della storia diventata pane dello spirito consapevole degli italiani.
O commilitoni, la vittoria non è
un punto di arrivo! È un punto di partenza. Non è una
meta, è una tappa. La vittoria non è una comoda
poltrona, nella quale ci si adagia durante le solenni commemorazioni.
No, è un aculeo, è uno sprone, che ci spinge alle vette
faticose; la vittoria non deve essere il pretesto per una
commemorazione annuale per avere poi l'indulgenza di dormirci su gli
altri 364 giorni!
Io reagisco nettissimamente contro
questa concezione passiva, statica, inerte della vittoria. La
vittoria è un patrimonio ricchissimo, sul quale è
rigorosamente proibito di vivere di rendita. Bisogna ogni giorno
rinnovarlo, ogni giorno fortificarlo, ogni giorno renderlo più
efficiente,» più armato, più lucente, in modo che
domani, se il destino voglia, la vittoria sia la pedana dalla quale
si balza all'avvenire.
Questo senso augusto e solenne
della vittoria deve essere presente. Perché la pace è
certamente un desiderio umano, di tutti gli individui e di tutti i
popoli, specie dopo una lunga guerra. Or bene, io vi dichiaro
recisamente che, mentre credo e spero in un periodo di pace
abbastanza lungo, non sono ancora arrivato a un grado così
eccelso di ottimismo da credere alla pace duratura per i secoli.
Io partecipo, l'Italia partecipa,
il Governo italiano naturalmente, a tutti i tentativi che si fanno
per stabilizzare la pace, ma all'indomani del più grande
avvenimento pacifista di questi ultimi tempi, il cannone ha tuonato
ancora in Macedonia, tuona ancora sui bordi orientali del
Mediterraneo e, proprio all'indomani, 60 mila combattenti in una
grande città di oltre frontiera sfilavano in parata sognando
una rivincita.
(segue...)
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