(segue) Il Senato e la Massoneria
(20 novembre 1925)
[Inizio scritto]
Io non discuto sul passato e non
accetto neppure la tesi del sen. Corbino che essendo il regime ormai
solidissimo non gli convenga premunirsi. Il sen. Corbino, che ha
passato anch'egli delle giornate tristissime, ingiustamente, dovrebbe
sapere che è meglio sempre essere premuniti; che è
meglio avere le armi, anche se non dovranno servire, perché
sarebbe triste trovarsi nella necessità di servirsene e non
averle. Ed aggiungo che è diritto di ogni regime darsi le
leggi che lo difendano. Non accetto l'immagine catastrofica che vi è
stata prospettata di un'Italia isolata nel mondo civile. Non accetto
lezioni di costituzionalismo dalla repubblica turca o dal ginepraio
cinese. Io prego il sen. Ruffini di passare a Palazzo Chigi dove gli
darò un incartamento che lo illuminerà sul
costituzionalismo di uno di questi paesi. Dichiaro che, se anche
fosse vero questo fenomeno di isolamento, io non ne sarei affatto
sgomento, né coloro che mi seguono avrebbero trepidazioni o
ansie eccessive. Ma aggiungo che, obbiettivamente, questo isolamento
non esiste: non esiste nei Governi, coi quali in tutta l'Europa
questo Governo ha stabilito decine di trattati di commercio e molti
patti di amicizia e di collaborazione. Proprio oggi, mentre
quest'assemblea è raccolta, 900 banchieri degli Stati Uniti
lanciano ai 110 milioni di cittadini della Repubblica stellata le
azioni del prestito italiano. Un paese isolato non ha questo credito,
non soltanto finanziario ma morale; ed aggiungo che al disotto dei
Governi i quali sono obbligati per le ferree regole della convivenza
internazionale a disinteressarsi dei regimi interni, al disotto dei
Governi c'è l'opinione pubblica dei popoli e presso questa
opinione pubblica non è vero che l'Italia fascista sia
isolata. L'Italia fascista è piuttosto invidiata.
Ci sono in tutti i paesi movimenti
analoghi a quello che oggi 'è dominante in Italia. Né
questo isolamento è all'interno. Tutte le parole che il
Governo lancia alla Nazione trovano un popolo pronto a raccoglierle.
(segue...)
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