Parole ai docenti
(5 dicembre 1925)
Nello stesso
giorno, 5 dicembre 1925, si inaugurava in Roma, all'Augusteo, il
Congresso della Corporazione della Scuola, al quale partecipavano
docenti di tutti i gradi, dai maestri elementari ai professori
universitari. In tale occasione il Duce pronunciò il seguente
discorso:
Camerati!
Vi ringrazio del vostro saluto nel
quale scorgo un'attestazione di simpatia che ritengo profondamente
sentita e sincera. Voi non salutate in me soltanto il Capo del
Governo, ma salutate anche un vostro collega; un collega che, avendo
vissuto la vostra vita, conosce le vostre angustie morali e
materiali, conosce i vostri sogni, i vostri bisogni, e sa di quante
amarezze e di quanta gioia oscura è intessuta la vostra
quotidiana esistenza.
E permettete che io mi compiaccia
di vedere raccolti in questo solenne tempio antico e moderno tutti i
rappresentanti della scuola, perché la scuola è unica.
Non ci sono compartimenti stagni. Nella scuola, tutto comunica:
dall'asilo infantile all'università; e gli insegnanti prendono
e consegnano le generazioni dalla piccola età alla matura
giovinezza; e allora s'impone la più stretta solidarietà
morale e intellettuale fra tutti gli insegnanti, anche perché
la meta alla quale devono tendere gli sforzi è comune. E
quest'educazione comincia nelle prime scuole e deve culminare nelle
università.
Sono dunque cessate, grazie
all'impulso animatore del Fascismo, le piccole divisioni di casta che
non avevano più ragione di essere perché il cittadino è
sempre degno quando, in qualunque posto, compie scrupolosamente il
proprio dovere.
Un altro motivo di compiacimento
sta nel constatare attraverso la parola degli oratori che mi hanno
preceduto e attraverso la vostra manifestazione, che la scuola
italiana è diventata fascista. Io non voglio indagare se lo
sia sempre stata; e non voglio sceverare in questo momento la
gradualità o la qualità di certi stati d'animo. Bisogna
che tutti si arrendano al fatto compiuto e siano portati a
considerare che quel che è avvenuto nell'ottobre 1922 non è
un semplice cambiamento di Ministero, ma è una profonda
rivoluzione politica, morale, sociale che, molto probabilmente, non
lascerà, nulla o quasi nulla di tutto quello che costituiva il
vecchio regime politico.
(segue...)
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