(segue) Parole ai docenti
(5 dicembre 1925)
[Inizio scritto]
L'erario non piove dal cielo;
l'erario non è creato dal sottoscritto; l'erario è il
risultato della fatica, dello sforzo, del dolore del popolo italiano.
Ed essendo così, tutti lo devono rispettare come cosa sacra e
quasi intangibile. Ma è evidente che, quando l'erario lo
permetta, i fedeli servitori dello Stato devono avere la loro giusta
e legittima ricompensa: e debbano essere fieri di partecipare alla
vita dello Stato. E voi sovrattutto dovete avere l'orgoglio di
essere, nella schiera, quelli che compiono forse l'incarico più
delicato e difficile.
Camerati, mi pare che basti: anche
perché il parlare prolisso è squisitamente democratico:
il parlare prolisso è squisitamente vecchio regime. La
Corporazione che non è stata ancora fondata e che io chiamerò
dei silenziari, abolirà praticamente i discorsi: o li farà
soltanto quando essi costituiscano un fatto. Camerati, accogliete
l'attestazione della mia fraterna simpatia con animo puro e
tranquillo. Questa mia simpatia è sincera. Recatela a tutte le
scuole: dagli asili ai licei, alle università, a tutti gli
istituti, a tutti coloro che lavorano nel campo dell'istruzione e
dell'educazione pubblica. Il Governo è al suo posto e tutta
l'Italia è un esercito che ha conquistato molte vittorie e
molte ne conquisterà nel futuro.
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