(segue) L'art. 13 della Legge sui rapporti collettivi di lavoro
(11 dicembre 1925)
[Inizio scritto]
I risultati dunque sono
soddisfacenti ovunque e permettono di andare verso l'avvenire con
sufficiente tranquillità.
Vi è qualcheduno che teme
che gli operai domani faranno la corsa alla magistratura.
Ed io sono d'opinione piuttosto
contraria. Credo che creandosi la esistenza di questa magistratura,
si farà tutto il possibile in sede di conciliazione amichevole
per evitare il suo responso.
Basterà del resto che una o
l'altra parte abbia una volta tanto un giudizio sfavorevole perché
sia resa subito più guardinga nel futuro. Ma poi vi prego di
considerare una cosa, onorevoli colleghi, che in questo articolo 13
la magistratura del lavoro non si evita in nessun modo. È
veramente il caso di paragonarla al diavolo che scacciato dalla porta
rientra dalla finestra. Si dice nell'ultimo capoverso di questo
articolo 13: «Per adire la magistratura del lavoro nelle
controversie che riguardano l'industria occorre il consenso di
ambedue le parti».
Che cosa va ad accadere? Che se
una delle due parti si pronunzia per il ricorso alla magistratura,
immediatamente la seconda parte si affretterà ad imitarla
perché nessuno vorrà mettersi in posizione di far
credere che ha torto semplicemente perché non adisce la
magistratura. Se così stanno le cose è molto meglio
dare a questo problema una soluzione totalitaria, di osare, anche
perché questo Governo ha dimostrato di avere il coraggio di
andare innanzi, di fermarsi, di retrocedere. Nella politica qualche
volta bisogna anche incassare come sul ring.
L'essenziale è di non
andare knock-out e non ci andremo.
Gli esitanti devono anche
considerare che discutendo di questo ordinamento bisogna tener conto
del regime e del Governo. Le corporazioni sono fasciste in quanto
vogliono portare il nome di fasciste e agire all'ombra del littorio;
devono controllare la loro azione e non fare nulla che possa
diminuire la efficienza produttiva della Nazione o creare difficoltà
al Governo.
(segue...)
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