(segue) L'art. 13 della Legge sui rapporti collettivi di lavoro
(11 dicembre 1925)
[Inizio scritto]

      Vi dicevo che i prossimi dieci anni saranno decisivi e lo ripeto. Bisogna intendersi: le Nazioni come gli individui possono vivere o vegetare.
      Credo che noi, in ogni caso, potremmo vegetare anche se per avventura dovessimo diventare colonia di paesi che sarebbero arrivati al traguardo prima di noi e ai quali noi probabilmente dovremmo mandare il nostro di più di materiale umano. Questo io chiamo vegetare.
      Vivere invece per me è un'altra cosa. Vivere per me è la lotta, il rischio, la tenacia.
      Vivere per me è il non rassegnarsi al destino, nemmeno a quello che ormai è diventato luogo comune, la cosiddetta deficienza di materie prime. Si può vincere anche questa deficienza con altre materie prime.
      Comunque, vi prego di considerare, valutando il voto che dovrete dare a questo articolo, che questa legge nasce in una determinata atmosfera politica e morale; è il prodotto di un determinato regime. Non ci sono pericoli sino a quando questo regime sia imbattibile e sino a quando questa atmosfera morale in cui la nazione respira non sia modificata.
      Ma questo regime politico e questa atmosfera sono nel calcolo delle previsioni umane immodificabili.
      Su questa certezza è basata la nostra fiducia in questa legge!
      Mentre mi compiaccio del modo con cui la discussione è proceduta e ringrazio gli oratori che vi hanno partecipato, debbo fare una dichiarazione che aggancio all'articolo 23.
      La sede opportuna era forse l'art. 11 ma è l'art. 23 che concedendo facoltà al Governo di coordinare questa materia mi permette di fare una dichiarazione esplicita per quel che concerne le associazioni sindacali dipendenti dallo Stato.

(segue...)