(segue) «Se avanzo, seguitemi; se indietreggio uccidetemi; se muoio, vendicatemi»
(7 aprile 1926)
[Inizio scritto]
Il trapasso dal vecchio al nuovo
Direttorio non deve essere drammatizzato. Io sono nemico dei drammi,
anche di quelli che mi riguardano, quindi tutto deve essere
considerato alla stregua di un fatto che interessa la vita del
partito e deve essere considerato con quella calma, quel sangue
freddo, quella chiara visione degli avvenimenti, che debbono
contraddistinguere la mentalità fascista. Del resto, non c'è
nulla di nuovo. Ci può essere un cambiamento di temperamenti,
ed i temperamenti sono le faccende personali; ma non c'è nulla
di spostato per quello che riguarda le linee generali dell'attività
del partito. Cioè, si continua ad essere intransigenti.
Intransigenti, perché non si può fare a meno di essere
intransigenti, quando si è fascisti; perché non si può
fare a meno di essere intransigenti contro tutti i residui del
vecchio regime, perché soprattutto non si può fare a
meno di essere intransigenti contro le forze democratiche,
massoniche, demagogiche, plutocratiche che tentano di accerchiare il
partito.
Quindi niente mollezze; anche se
gli avversari sono ridotti al lumicino non bisogna mai farsi
illusioni o credere che il proprio compito sia esaurito o che vi
siano parole definitive nella storia degli uomini.
Secondo punto. Gli uomini del
nuovo Direttorio sono in parte appartenenti a quello di prima, a
quello dimissionario, in parte sono vecchi fascisti delle provincie
che ognuno di voi deve conoscere.
Disciplina. Bisogna intendersi: la
disciplina non può essere una cosa soltanto formale, deve
essere una cosa sostanziale. Cioè non si può essere
disciplinati soltanto quando ciò è facile o fa comodo,
perché quella non è vera disciplina. Bisogna essere
disciplinati soprattutto quando la disciplina costa sacrificio e
rinunzia. Quella è la vera disciplina, la disciplina fascista.
(segue...)
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