(segue) Cinque giorni in Tripolitania
(11-15 aprile 1926)
[Inizio scritto]

      È il destino che ci sospinge verso questa terra. Nessuno può fermare il destino e soprattutto nessuno può spezzare la nostra incrollabile volontà. Viva il Re! Viva l'Italia! Viva il Fascismo! (Acclamazioni frenetiche).


      Dopo un ricevimento al Municipio, il Duce si recò a visitare la sede del Fascio, ove rivolse le seguenti parole ai camerati tripolini:

      Fascisti!
      Quando mesi or sono il Governatore di Tripoli S. E. De Bono, al quale mi è grato di riaffermare in questo momento tutta la mia fraterna e devota amicizia, mi invitò a visitare Tripoli, risposi affermativamente perché volevo con un violento scossone concentrare l'attenzione degli italiani sull'oltremare.
      Io vi dico che poiché avevo deciso di partire sarei partito egualmente anche se l'incidente occorsomi fosse stato più grave e ciò perché così vuole lo stile fascista che non ama mai rinviare quello che ha stabilito.
      Non è privo di significato che io tragga il mio auspicio su questa riva del mare che fu di Roma e ritorna di Roma ed è particolarmente significativo che io senta attorno a me tutto il popolo italiano, un popolo compatto di soldati, di coloni, di pionieri.


      Il giorno seguente, 12 aprile 1926, il Duce visitò Zuara, ove fu accolto trionfalmente dalle popolazioni e accolse, dal Caimacan dei Berberi di Zuara, l'omaggio d'un cavallo arabo. All'offerta rispose con queste poche parole:

      Camerati!
      Leviamo il pensiero a questa Italia che sorge, a questa forte Italia che, carica del suo glorioso passato, non se ne fa impedimento, ma aculeo per marciare con ritmo sempre più celere verso l'immancabile trionfo di domani.

(segue...)