(segue) Ripercussioni dell'attentato del 7 aprile
(26 e 29 aprile - 18 maggio 1926)
[Inizio scritto]


      Ringrazio l'illustre Presidente della nostra assemblea pel discorso che egli ha pronunciato e lo stesso ringraziamento Rivolgo al segretario generale del Partito. L'episodio che ha provocato questa vostra manifestazione, di cui apprezzo il significato, è ormai lontano nella mia memoria, e, se vi ripenso, non ne ho che fastidio e noia come dinanzi alle cose insensate. Dopo la giornata del 7 aprile, che fu abbastanza movimentata, non tanto per quello che accadde sul Campidoglio, quanto per quello che accadde di poi ed ebbe in terra d'Africa il suo svolgimento, sono affiorate delle inquietudini. Non vorrei che si esagerasse. Mussolini, ripeto, ha il suo stile inconfondibile ed ama la sua quota parte di rischio. Per quanto io comprenda talune nobili preoccupazioni, dichiaro che non intendo segregarmi, rinchiudermi e togliermi ogni contatto con la massa fascista e con quella del popolo italiano.
      Altra preoccupazione di altra natura? Anche a questo proposito dichiaro che tutte le vite umane sono labili e sottomesse all'irrevocabile sorte. Aggiungo che in nessun caso, per nessuna ipotesi, il Fascismo mollerà il suo compito. Intendo dire che in qualunque ipotesi tutto è già predisposto (si sappia qui e fuori di qui) perché il Fascismo continui a reggere con la sua mano di ferro i destini del popolo italiano.


Analoga manifestazione si ebbe al Senato del Regno, nella tornata del 18 maggio 1926. Alle parole di S. E. Tittoni, Presidente del Senato, il Duce rispose nel modo seguente:

      Onorevoli Senatori!
      Ringrazio l'illustre Presidente della vostra assemblea per le parole che egli ha pronunciato e ringrazio voi per la manifestazione di simpatia che mi avete tributato.
      L'episodio trascurabile è obliato.
      Gravi problemi stanno sul tappeto. Passiamo all'ordine del giorno.

(segue...)