(segue) XXIV Maggio, a Genova
(25 maggio 1926)
[Inizio scritto]
In questi quattro anni abbiamo
dato le armi alla Nazione, e soprattutto abbiamo dato uno spirito
militare e guerriero alla Nazione, poiché le armi sole non
bastano, senza lo spirito. Le armi sole non bastano a dare la
vittoria, se gli uomini non la vogliono tenacemente e disperatamente
conseguire.
Abbiamo fatto delle riforme,
taluna delle quali sono prese ad esempio, in molti paesi d'Europa.
Abbiamo dato lo sviluppo massimo alle forze dell'economia nazionale.
Io ho sempre pensato di fare di Genova, della vostra Genova la città
marinara per eccellenza, tutta protesa sul mare, tutta ansiosa del
mare, tutta vibrante sul mare, come fu nei secoli e come dovrà
essere nei secoli. Questa opera è opera del Fascismo.
A questo punto noi possiamo
trascurare le larve del passato che si aggirano ancora nei
melanconici cimiteri della politica italiana: noi le abbandoniamo al
loro destino, poiché sentiamo che la forza segue il consenso e
che il consenso determina la forza.
Genovesi, voi appartenete ad una
razza che io amo, una razza asprigna, di poche parole ma di propositi
tenaci, una razza che ha fatto la sua fortuna in condizioni
difficilissime, che ha osato, che ha varcato i mari e gli oceani; una
razza non di semplici mercanti e di semplici trafficanti, una razza
che ha dato eroismi sublimi, in tutte le età, che ha
conquistato gli oceani con Colombo, che ha dato una passione
formidabile alla Nuova Italia con Mazzini, che ha dato con Mameli il
poeta alla Repubblica Romana e con Balilla la giovinezza che spezza
l'oppressione dello straniero.
Genovesi, la vostra è una
città potente ma non basta, occorri ancora di più,
fermarsi è male, fermarsi significa retrocedere. La lotta fra
le nazioni diventa sempre più dura malgrado certo pacifismo
ipocrita od imbelle. Ogni popolo erige le sue barriere di egoismi e
non lascia più varchi alla mentita fraternità
internazionale.
(segue...)
|