(segue) Discorsi agli ufficiali
(18, 25, 29, 30 giugno - 5 e 7 luglio 1926)
[Inizio scritto]

      Aggiungo che l'assetto morale delle truppe, che è noto dal modo con cui guardano i loro superiori, rivela un altissimo morale. Voi avete il dovere di curare, migliorare, perfezionare questo morale.
      Esigo, che tutto l'Esercito e tutta la Nazione abbiano per motto quello della cavalleria: «L'anima va gettata oltre l'ultimo ostacolo per la Patria ed il Re».


      Il giorno seguente, 30 giugno 1926, il Duce passò in rivista, nella Caserma «Umberto I», il I e II Reggimento Granatieri, l'ottantuno e l'ottantadue Reggimento Fanteria e un battaglione del 59° Fanteria; poi, al rapporto degli Ufficiali, pronunciò le seguenti parole:

      Ufficiali!
      Sono ammirato, più che soddisfatto, per il modo con cui le vostre truppe si sono presentate ed hanno sfilato dinanzi a me, e sono particolarmente lieto di porgere il mio saluto a voi, Ufficiali dei Granatieri, che avete scritto pagine inobliabili di storia.
      Ripensavo poco fa, guardando la cifra impressionante dei vostri caduti e ricordando la cifra non meno impressionante dei vostri feriti, che non si esagera dicendo che ogni granatiere ufficiale o soldato, ha versato il suo sangue per la Patria.
      Né minore simpatia ho per voi, Ufficiali delle Fanterie. È stato bene che in questi giorni si sia ricordata una frase che non deve essere dimenticata: quella scritta da un anonimo ufficiale o fante, non importa, sopra uno dei baraccamenti alla vigilia della battaglia del Piave: «Meglio vivere un giorno da leone che cento anni da pecora».
      Vedendo la solidità fisica e morale delle vostre truppe, fiore della Nazione rinnovata, sono perfettamente convinto che se domani sarà necessario, tutti i granatieri, tutti i fanti, tutti i soldati d'Italia, tutto il popolo d'Italia, preferirà vivere un giorno da leone che cento anni da pecora.

(segue...)