(segue) Luigi Luzzatti
(30 marzo 1927)
[Inizio scritto]
I trattati di lavoro, intesi
giustamente come integrazione dei trattati di commercio, i
provvedimenti sulla riforma del regime forestale, la Cassa di
maternità, la Mutualità scolastica, la lotta contro
l'alcoolismo e la dissolutezza sociale costituiscono la
documentazione — non completa — dell'attività
molteplice ed instancabile che Luigi Luzzatti dedicò per
cinquant'anni ai più alti ed urgenti problemi sociali.
Di lui, come statista, come
finanziere, come politico, molto egregiamente ha detto l'illustre
Presidente di questa assemblea. In ognuno di questi campi Luigi
Luzzatti ha lasciato impronte incancellabili: in ognuno di questi
uffici egli rese grandissimi servigi alla Nazione. Ciò spiega
la grande popolarità reverenziale e confidenziale ad un tempo
della quale era circondato, non solo in Italia, ma in tutto il mondo
civile.
Io ebbi la ventura, in questi
ultimi anni, di avere qualche dimestichezza con lui; più volte
egli ebbe la cortesia di venire a Palazzo Chigi per intrattenermi
sulle questioni che più lo interessavano: il pubblico
risparmio e le finanze dello Stato, la mutualità e la
cooperazione, gli orfani dei contadini caduti in guerra, che
particolarmente gli stavano a cuore.
Spesso la conversazione usciva dai
limiti dell'argomento contingente della giornata per entrare nella
sfera delle idee.
Malgrado la differenza dell'età
e del temperamento, Luigi Luzzatti aveva compreso la forza e la
realtà ineluttabile del Fascismo. Le sue ultime manifestazioni
pubbliche, furono di schietta adesione alla politica finanziaria ed
economica del Governo. Io considero di sommo pregio i suoi
suggerimenti, i suoi consigli, la sua approvazione.
Luigi Luzzatti era un sapiente,
nel senso classico della parola: egli aveva navigato per tutti i mari
e negli oceani dello scibile umano, senza cadere nelle sacche dello
scetticismo e della negazione, perché egli credeva fermamente
e la fede è una sicura bussola per ogni viaggio ideale.
Sapiente e credente a un tempo, quindi portato alla tolleranza,
all'indulgenza, alla bontà, egli era e non poteva non essere
intimamente ottimista. Certo, talvolta ciò lo conduceva ad una
visione rosea della vita che gli faceva sentire l'inattualità
dolorosa di questi ferrigni tempi, pieni di cozzanti egoismi e di
accanite competizioni politiche ed economiche, finanziarie,
intellettuali, per cui l'umana natura sembra oggi più felina
che mai, con l'aggravante della raffinatezza, dell'ipocrisia, del
cinismo. Ma è necessario per ristabilire i grandi equilibri
spirituali dei popoli, che esistano anche «i saggi e buoni
uomini» i quali, al disopra dell'urto dei contrastanti
interessi, ricordino le verità eterne, senza di che la lotta
dell'uomo contro l'uomo, di tutti contro tutti, finirebbe nel caos
selvaggio e nel tramonto di ogni civiltà.
(segue...)
|