(segue) Nemi ed Ercolano
(9 aprile 1927)
[Inizio scritto]

      Il suo clima, come ci ricorda Strabone, era dei più dolci e dei più sani, e noi sappiamo che i ricchi romani meglio che ascoltare il consiglio di Ovidio, che li invitava a cogliere il fresco tra i platani del portico di Pompeo, amavano rifugiarsi nell'ombroso e verde silenzio ercolanese. Appio Claudio Pulcher vi ebbe la sua villa; vi ebbe la sua anche Agrippina, a quanto ci attesta Seneca, e vi ebbe la sua anche quel ricco studioso di filosofia epicurea che il Comparetti ed il De Petra hanno identificato con Lucio Calpurnio Pisone e che amava bensì leggere i testi di Filodemo e degli altri filosofi di cui ha lasciata tanta dovizia nei suoi papiri, ma che più ancora amava circondarsi di belle forme scolpite nel bronzo e nel marmo, di forme veramente divine come quelle dell'Hermes in riposo o del Fauno.
      Tale è dunque il carattere di Ercolano. Tuttavia noi non ci fondiamo sulle esagerate speranze di chi vede in Ercolano una miniera inesauribile di opere d'arte o di papiri.
      A muoverci all'impresa basterebbe l'interesse per molti problemi dell'architettura pubblica e privata dell'antichità che Ercolano potrà risolvere forse meglio di Pompei.
      Come non ci ha spaventato la spesa, così non ci hanno spaventato le due ragioni che sino ad oggi hanno tenuto lontano il Governo da questi scavi. Difficoltà tecnica per il preteso strato di lava e di tufo che avrebbe coperto Ercolano a differenza di Pompei sepolta nelle ceneri e nel lapillo; poca probabilità di fruttuosi trovamenti per i larghi scavi già condotti senza metodo e disastrosamente nei due ultimi secoli.
      Leggenda è la prima, presunzione gratuita la seconda.
      Leggenda la prima, perché gli studi del De Lorenzo e di altri geologi hanno dimostrato l'errore di quella affermazione, dovuto ad uno strato superiore di lava che è conseguente all'eruzione del 1631, mentre Ercolano, come Pompei, è cinta e chiusa nel suo velo di cenere.

(segue...)