(segue) Il discorso dell'Ascensione
(26 maggio 1927)
[Inizio scritto]
Il mio discorso sarà quindi
necessario, irritante e divertente. Necessario, perché io mi
sono ripromesso di dire tutto quello che è strettamente
necessario. Non una parola di più. Irritante, perché
dirò delle cose ingrate; forse spezzerò qualche luogo
comune nel quale ci si adagiava. Finalmente, la terza parte avrà
dei momenti polemici per i quali, voi sapete, io sono particolarmente
attrezzato. E durante tale parte io voglio divertirmi a stuzzicare
tutti gli avversari interni ed esterni del Regime.
Poi, non è detto che,
dovendo fare un discorso, e sia pure un discorso di Capo del Governo,
si debba propinare tale «mattone» che concili il cervello
degli uditori al più profondo letargo. D'altra parte, dopo
questo discorso, mi riprometto di collocare sulla lingua, non già
il solito, bue ateniese, ma un paio di buoi, e non parlerò se
non l'anno venturo. Nell'anno venturo io non farò che
inserire; inserire nel mio discorso di domani, tutte quelle che
saranno state le variazioni intervenute nel frattempo.
Ma prima di entrare nel vivo della
materia, prima di prendere quota, in questo che sarà il
discorso del ministro degli Interni, quindi senza troppe variazioni
dottrinarie o svolazzi retorici, voglio porgere il mio ringraziamento
al relatore, non già perché sia una consuetudine, ma
perché io sento il dovere di tributargli un elogio. E voglio,
nello stesso tempo, ringraziare tutti i miei collaboratori
nell'Amministrazione degli Interni, a cominciare dal sottosegretario
Suardo, uomo probo e fedele, fedele come sanno essere gli uomini
della sua terra.
Il mio discorso si divide in tre
parti: primo, esame della situazione del popolo italiano dal punto di
vista della salute fisica e della razza; secondo, esame dell'assetto
amministrativo della Nazione; terzo, direttive politiche, generali
attuali e future dello Stato.
(segue...)
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