(segue) I problemi dell'agricoltura
(6 novembre 1927)
[Inizio scritto]
La Composizione dei suoi organi
direttivi e in ispecie del Comitato permanente, è conseguenza
e riprova di questo suo carattere universale, di queste sue funzioni
essenzialmente formative. Difatti vi entrano come delegati dei
Governi, non solo gli esperti di cose agrarie, ma anche persone di
svariata attitudine ed esperienza nella vita civile e politica dei
loro Paesi; e, in gran parte, persone di formazione diplomatica. Ciò
è necessario perché consente ai poteri responsabili
dell'Istituto di avere la visione e la comprensione totale degli
interessi degli Stati nell'atto che promuovono gli interessi e gli
incrementi dell'attività agraria.
D'altra parte, è evidente
che un senso politico-economico dell'agricoltura deve muovere dai
dati tecnici stabiliti, appurati, coordinati della scienza; ed ora,
per quanto si vogliano immaginare perfettissimi i congegni tecnici
dell'Istituto — che pure hanno raggiunto uno sviluppo mirabile
— non è pensabile che essi possano da soli esaurire in
ampiezza e in profondità tutti i campi dello scibile agrario.
Di qui la necessità di un solido organo tecnicamente
potenziatore dei centri direttivi dell'Istituto.
Secondo punto. Il suddividersi e,
direi quasi, frantumarsi del lavoro scientifico in genere, di quello
in ispecie che ha per oggetto l'agricoltura e le discipline connesse,
insieme a benefici manifesti, reca anche alcuni danni a cui va posto
riparo. Fra gli altri, una dissipazione di forze derivante
dall'intersecarsi e dal sovrapporsi delle competenze, dal duplicarsi
continuo dei compiti.
In questi ultimi tempi abbiamo
osservato il crescere di tale inconveniente, massime nell'ordine
delle cose agrarie. Si tratta di una effervescenza di iniziative, che
per lo più tendono a tradursi in congressi e in conferenze,
per poi cristallizzarsi in commissioni più o meno permanenti,
più o meno colorate di tinte e mezze tinte ufficiali.
(segue...)
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