Agli operai milanesi
(29 aprile 1928)
Nei giorni 28 e 29
d'aprile 10.000 operai milanesi si recarono a Roma accompagnati dal
loro Segretario Federale. Il Duce rivolse loro, nell'Anfiteatro
Flavio il seguente discorso:
Operai milanesi!
Credo che sia la prima volta nella
storia del mondo, certamente la prima in quella d'Italia, che una
massa così imponente di lavoratori si muove per incontrare un
Capo del Governo, il Capo del Governo fascista, il Capo di quel
Regime invincibile (grida: «Benissimo!»)
contro il quale invano si muove la turpe calunnia o la inacidita
filosofia o la tecnica dei criminali (acclamazioni). Ciò che
rende eloquente e suggestiva la vostra manifestazione è il
carattere cristallino, documentabile della sua assoluta spontaneità.
(I convenuti gridano: «Sì, è vero!»).
Dopo quasi sei anni di Regime io
affermo, con piena coscienza, che nessun Regime del mondo è
andato incontro alle masse operaie con la fraternità piena e
profonda del Regime fascista (applausi). Abbiamo cercato di dare case
decorose al popolo e quando si abusava della libertà ho
promulgato la legge sugli affitti (acclamazioni) Abbiamo, per i
primi, stabilito per legge la giornata delle otto ore di lavoro,
mentre Stati più ricchi e che hanno la vaga nomea di
democratici ne discutono ancora (ripetute ovazioni). Abbiamo messo
sullo stesso piano il capitale e il lavoro, e abbiamo creato la
Magistratura del lavoro che riconosce il diritto quando il dovere è
stato compiuto (voci: «Bene!»).
Né insisto su tutto quello
che è stata la nostra attività per controllare, per
contenere, per diminuire, là dove era possibile, i prezzi al
minuto (i presenti affermano: «È vero!»). Se
qualche piccolo sacrificio ve lo abbiamo richiesto, voi lo avete
accolto con quella perfetta disciplina di cui dà prova il
popolo italiano da cinque anni a questa parte. Ma, accogliendo queste
rinunce, vi siete messi nella condizione migliore per ottenere dei
miglioramenti quando le condizioni lo permetteranno (grido unanime:
«Bene!»).
(segue...)
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