(segue) Al Congresso dei Sindacati Fascisti
(7 maggio 1928)
[Inizio scritto]

      Questa è stolida follia. La natura è il regno della disuguaglianza. Si può nella società partire da un minimo denominatore comune, ma la natura, la forza delle cose, la vita stessa dei popoli, inducono a disuguaglianze necessarie. Come negli individui, nelle categorie sociali, così nelle Nazioni, vi sono popoli che salgono agli orizzonti, popoli che sono fermi, popoli che muoiono (acclamazioni).
      Quando il Fascismo s'impadronì della valle padana e annientò tutte le organizzazioni antifasciste, cioè tutte le organizzazioni controrivoluzionarie (e la controrivoluzione antifascista va dall'anarchia al liberalismo), ci trovammo il problema sindacale sulle braccia. Migliaia di contadini, migliaia di braccianti vennero ad ingrossare le nostre file. I nostri avversari, i nostri nemici, ritenevano che costoro fossero dei prigionieri. Siamo così franchi nelle nostre cose, così schietti nelle nostre ammissioni che possiamo anche ammettere che un'aliquota di costoro non capissero bene dove andavano. Ma oggi tutto è passato, tutto è lontano finanche nelle memorie, oggi le masse rurali delle campagne italiane sono fermamente devote al Regime fascista, alla causa della Rivoluzione (ripetuti e prolungati applausi).
      Non solo, ma questa penetrazione, che per alcuni anni si era limitata solo alle masse rurali che si trovavano in particolari condizioni, oggi va attuandosi anche nel cosiddetto proletariato delle grandi città. Stiamo penetrando in ambienti e in fortilizi che parevano chiusi alle nostre conquiste: soprattutto stiamo penetrando nelle anime. (Grida: «È vero!». Ovazioni prolungate). L'adunata di 10.000 operai milanesi al Colosseo dev'essere considerata come un evento storico di prim'ordine, in quanto per la prima volta le masse operaie del proletariato industriale venivano da lontano, spontaneamente, a rendere omaggio e ad ascoltare la parola del Capo del Fascismo, del Capo della Rivoluzione fascista. (Applausi).

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