(segue) L'Italia nel mondo
(5 giugno 1928)
[Inizio scritto]

      Il Brasile ha ordinato qualche sommergibile alla industria italiana. Maggiori sono state le ordinazioni della Marina Militare argentina, riconoscimento che si potrebbe dire tradizionale da parte della grande e prosperosa Repubblica Argentina, della bontà del nostro lavoro e della capacità delle nostre maestranze.
      Non voglio abbandonare l'America del Sud, senza ricordare l'Uruguay — paese che ci ha dato sempre, anche recentemente con l'invio di una Ambascieria straordinaria, prove concrete di amicizia — e tutte le altre repubbliche che dal Perù al Paraguay, dall'Equatore al Venezuela, alla Columbia mantengono rapporti di assoluta cordialità coll'Italia.
      Nell'America del Nord, c'è uno Stato che si stende dall'Atlantico al Pacifico, coi suoi 120 milioni di abitanti, colle sue sterminate ricchezze, colla sua gigantesca capacità di lavoro, col suo eccezionale progresso tecnico e scientifico: gli Stati Uniti.
      La Repubblica delle Stelle dalla guerra in poi ha una parte grandissima se non preponderante nella storia del mondo. L'asse della finanza si è spostato dall'Europa all'America. Gli Stati Uniti hanno crediti per dodici miliardi di dollari verso tutte le Nazioni specie del vecchio continente. L'iniziativa americana sembra avviata a conquistare l'Europa. L'esame di questo fenomeno attorno al quale è sorta una ricca letteratura mi porterebbe troppo lontano. Del resto il fenomeno si svolge sotto i nostri occhi, nelle forme più svariate che vanno dalla filantropia alla banca, dalla scienza all'industria. Sino a quale punto si tenderà l'arco della volontà di Potenza americana, e quali resistenze potrà incontrare, non è dato prevedere. Per quel che concerne l'Italia, i rapporti cogli Stati Uniti, sono stati, in questi ultimi tempi, contraddistinti da tre avvenimenti di speciale importanza.
      Basterà soltanto ricordare il primo e cioè la sistemazione del nostro debito di guerra. In piena crisi dei cambi e precisamente nel 15 giugno del 1925, io mandavo il seguente dispaccio al nostro Ambasciatore a Washington:

(segue...)