(segue) L'Italia nel mondo
(5 giugno 1928)
[Inizio scritto]
Per quanto concerne l'Austria mi
limiterò a dire che le relazioni sono diplomaticamente
corrette e che dall'Austria dipende, se potranno arrivare a un grado
di maggiore cordialità.
Siamo giunti, così, alle
soglie dell'Europa danubiana e balcanica. Qui ci conviene procedere
con circospetta attenzione, poiché vi si muovono interessi
molteplici e contrastanti, e il dinamismo politico vi è
straordinariamente attivo. È la plaga dove i risultati della
guerra appaiono più visibili nel cambiamento della Carta
politica, è la zona, dove la caduta dell'Impero d'Absburgo ha
operato le più grandi trasformazioni. A difesa e conservazione
dei Trattati di pace è sorta la Piccola Intesa, cioè
l'unione della Cecoslovacchia, della Jugoslavia, della Romania,
unione a carattere piuttosto negativo che positivo, in quanto i
limiti della intesa sono chiaramente delimitati e, tolto il terreno
della conservazione pura e semplice dei Trattati, gli elementi che
compongono la Piccola Intesa non hanno alcun'altra identità di
interessi. I rapporti dell'Italia con le Potenze componenti la
Piccola Intesa furono fissati negli anni precedenti. Esiste un
Trattato di commercio e un Patto di amicizia e collaborazione
cordiale tra Italia e Cecoslovacchia firmato a Roma, in data 5 luglio
1924; esiste un Trattato di amicizia e di collaborazione fra Italia e
Romania, firmato a Roma in data 16 settembre 1926. Poco tempo dopo la
firma di questo Trattato, l'Italia ratificava la decisione degli
Ambasciatori circa il possesso della Bessarabia da parte della
Romania. Non sarà inopportuno ricordare che solo con la
ratifica italiana, il possesso della Bessarabia da parte della
Romania è diventato perfetto dal punto di vista
internazionale.
Esiste infine un Patto di
amicizia, collaborazione, arbitrato fra Italia e Jugoslavia, firmato
a Roma il 28 gennaio del 1924. È su quest'ultima posizione
politico-diplomatica che è necessario indugiare. Dall'avvento
del Regime fascista in poi, le direttive della politica estera nei
confronti della Jugoslavia furono lineari. È mio convincimento
che fra due Stati i quali abbiano in comune le frontiere non possono
esistere rapporti di indifferenza, sibbene di amicizia o di
inimicizia. Scartato quest'ultimo corno del dilemma: adottato cioè
il principio di una politica di amicizia, tale politica l'Italia
lealmente praticò nei confronti della Jugoslavia e tale
politica volle consacrata nel Trattato del 1924. Questo Trattato
presupponeva una ulteriore integrazione: si venne così nel
1925 alle Convenzioni di Nettuno. Con queste Convenzioni tutta una
complessa e importante materia concernente le relazioni fra i due
Stati veniva sistemata con soddisfazione reciproca.
(segue...)
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