(segue) L'Italia nel mondo
(5 giugno 1928)
[Inizio scritto]

      Sono quindi tre anni che l'Italia aspetta la ratifica della Jugoslavia. Ora, l'Italia non intende menomamente di entrare nelle complicate vicende parlamentari dello Stato vicino, ma non può subordinare ad esse la sua politica estera. L'Italia è inoltre costretta a constatare che il Trattato del '24 non ha creato quell'atmosfera morale, per cui l'amicizia discende dai protocolli ufficiali dei Governi e tocca il cuore dei popoli. Inutile e pericoloso nascondersi la realtà: in molti ambienti jugoslavi la predicazione ostile all'Italia è fatta su vastissima scala, anche da uomini che hanno responsabilità politiche. È di ieri ad esempio il discorso di un deputato croato, ex e forse futuro ministro, eccitante alla guerra contro l'Italia e profetizzante l'armistizio firmato a Venezia.
      Il tutto è legato a una completa ignoranza sulle reali condizioni dell'Italia fascista, e a manifestazioni di megalomania così esagerate da cadere nell'infantilismo politico. Si può sorriderne, restare assolutamente calmi come ha fatto l'Italia nei giorni scorsi, ma grave errore sarebbe non tenerne alcun conto.
      In tale ambiente di auto-montatura e d'incomprensione, di cui il mondo deve finalmente prendere conoscenza, si spiegano i recenti fatti di Spalato, Sebenico, Zagabria i quali sono stati estremamente gravi e per le violenze e le distruzioni e soprattutto perché sono stati provocati non dagli inesistenti incidenti di Zara o dal contegno degli studenti italiani che è stato perfetto di disciplina, come si conviene a un grande popolo, ma dal semplice annuncio che Marinkovich si è deciso a presentare alla Scupcina le Convenzioni di Nettuno, con un atto di buona volontà e di coraggio.
      Non appena sono venuto in possesso dei rapporti dei nostri consoli e del nostro ministro a Belgrado, ho chiesto formalmente a mezzo di apposita nota quelle soddisfazioni che la gravità dei casi esigeva. Tali riparazioni sono state accordate dal Governo di Belgrado, colla nota che ognuno di voi conosce. Gl'incidenti, dal punto di vista dei rapporti diplomatici, sono dunque chiusi. Riconosco anche in questa sollecita e leale accettazione delle richieste italiane, un segno della buona volontà del dott. Marinkovich, nonché il proposito di riattivare quella politica di amicizia che l'Italia, dal canto suo, vuole sinceramente seguire, non solo nell'interesse dei due Stati, ma anche ai fini della pace europea.

(segue...)