(segue) L'Italia nel mondo
(5 giugno 1928)
[Inizio scritto]

      Per concludere su questo delicato tema io vorrei, dalla tribuna di questa Alta Assemblea dire una schietta parola a certi elementi di Oltre Nevoso: Siate prudenti e saggi. Non date ascolto alle vacue fole dell'antifascismo che si ripromette di giocare su di voi la carta della sua disperazione; rendetevi conto della realtà: l'Italia non vi odia e non si oppone al vostro pacifico progredire, ma cercate di conoscerci e pensate che l'Italia la quale ha dato in ogni tempo un contributo formidabile alla civiltà umana è oggi col Regime fascista una Nazione della quale vi conviene coltivare l'amicizia, non accendere l'ostilità.
      Esiste incastrata fra gli Stati della Piccola Intesa, una Nazione le cui relazioni coll'Italia hanno raggiunto in questi ultimi tempi un grado intenso di cordialità: parlo dell'Ungheria. Dell'Ungheria, il cui Primo ministro conte Tisza non voleva la guerra, come è ormai inoppugnabilmente dimostrato e che della guerra ha sofferto le più dure conseguenze. I rapporti di amicizia italo-magiari sono secolari in ogni campo. La guerra li interruppe. Finita la guerra non ebbe termine l'epoca dei sacrifici dell'Ungheria: ci furono nel '19-'20 i terribili 122 giorni di dittatura bolscevica e poi la catastrofe della moneta. Prima di affacciarci alla finestra per guardare nuovamente il mondo, l'Ungheria dovette provvedere al suo riassetto politico ed economico interno. Questo concluso, l'Ungheria cercò di uscire dal suo isolamento. L'Italia le offerse — con lealtà e disinteresse — la mano. Un solenne atto diplomatico, firmato a Roma nell'aprile dell'anno scorso consacrò l'amicizia dei due Stati e dei due popoli.
      Questa amicizia italiana ha agito in tre circostanze: nel determinare la fine del controllo militare in Ungheria, nello smontare la tragicommedia delle mitragliatrici di San Gottardo, nella questione degli optanti e, fra l'altro, nelle facilitazioni marittime accordate all'Ungheria nel porto di Fiume. L'Ungheria può contare sull'amicizia dell'Italia. Si può riconoscere che si è tagliato troppo sul vivo, nelle determinazioni territoriali del Trattato del Trianon e si può aggiungere che nel bacino danubiano l'Ungheria assolve da un millennio a una missione storica di ordine essenziale. Il popolo ungherese, fervido di patriottismo, conscio della sua forza, tenace lavoratore in tempo di pace, merita migliore destino. Non solo da un punto di vista dell'equità universale, ma anche nell'interesse dell'Italia, è bene che si realizzi questo migliore destino del popolo magiaro.

(segue...)