(segue) L'Italia nel mondo
(5 giugno 1928)
[Inizio scritto]

      Ci sono nei Trattati di pace, dei grandi fatti compiuti, corrispondenti a supreme ragioni di giustizia, fatti compiuti che tali restano e che nessuno di noi pensa a revocare e nemmeno a mettere in discussione.
      Ma ci sono nei Trattati clausole territoriali, coloniali, finanziarie, sociali, che possono essere discusse, rivedute, migliorate allo scopo di prolungare la durata dei Trattati stessi e, quindi, di assicurare un più lungo periodo di pace. Quando in un mio discorso, pronunciato or è un anno nell'altro ramo del Parlamento, accennai che l'Europa si sarebbe trovata fra il 1935 e il 1940 a un punto molto interessante e delicato della sua storia, partivo dall'ordine di considerazioni che sono venuto prospettando. Tale mia affermazione o previsione — facile a farsi del resto — non deve essere necessariamente interpretata in senso pessimistico. Il fatto è che nel periodo di tempo da me individuato verranno — in seguito allo svolgimento stesso dei Trattati di pace — a maturare talune condizioni le quali determineranno una nuova fase importante nella situazione fra i diversi Stati d'Europa. Sorgeranno particolari problemi che potranno essere risolti dai Governi in linea politica, come io sinceramente mi auguro.
      Complicazioni gravi saranno evitate se, rivedendo i Trattati di pace laddove meritano di essere riveduti, si darà nuovo e più ampio respiro alla pace. Questa è la ipotesi che io accarezzo e alla quale è ispirata la politica veramente, sanamente, schiettamente pacifica del Governo fascista e del popolo italiano; ma poiché la contraria ipotesi va considerata, nessuno può in buona fede stupirsi se, sull'esempio di tutti gli altri Stati, anche l'Italia intende di possedere le forze armate necessarie per difendere la sua esistenza e il suo avvenire.
      Un dato fondamentale del Trattato di Versaglia, che è stato in questi ultimi anni continuamente oggetto di studi, discussioni, proposte, è quello riferentesi al titolo «riparazioni». Vale la pena di parlarne un po' diffusamente.

(segue...)