(segue) Prefazione a Regresso delle nascite, morte dei popoli
(1 settembre 1928)
[Inizio scritto]
Aumento patologico
A un dato momento la città
cresce morbosamente, patologicamente, non, cioè, per virtù
propria, ma per un apporto altrui. Più la città aumenta
e si gonfia a metropoli, e più diventa infeconda.
La progressiva sterilità
dei cittadini è in relazione diretta coll'aumento rapidamente
mostruoso della città. Berlino che in un secolo è
passata, da centomila, a oltre quattro milioni di abitanti, è,
oggi, la città più sterile del mondo. Essa ha il
primato del più basso quoziente di natalità non più
compensato dalla diminuzione delle morti. La metropoli cresce,
attirando verso di sé la popolazione della campagna, la quale,
però, appena inurbata, diventa — al pari della
preesistente popolazione — infeconda. Si fa il deserto nei
campi; ma quando il deserto estende le sue plaghe abbandonate e
bruciate, la metropoli è presa alla gola: né i suoi
commerci, né le sue industrie, né i suoi oceani di
pietre e di cemento armato, possono ristabilire l'equilibrio oramai
irreparabilmente spezzato: è la catastrofe.
La città muore, la nazione
— senza più le linfe vitali della giovinezza delle nuove
generazioni — non può più resistere —
composta com'è oramai di gente vile e invecchiata — a un
popolo più giovane che urga alle frontiere abbandonate. Ciò
è accaduto. Ciò può ancora accadere. Ciò
accadrà e non soltanto fra città o nazioni, ma in un
ordine di grandezze infinitamente maggiore: la intiera razza bianca,
la razza dell'Occidente, può venire sommersa dalle altre razze
di colore che si moltiplicano con un ritmo ignoto alla nostra.
Negri e gialli sono dunque alle
porte?
(segue...)
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