(segue) Prefazione a Regresso delle nascite, morte dei popoli
(1 settembre 1928)
[Inizio scritto]
Le leggi e lo spirito
Non voglio trarre conclusioni
affrettate dalla lieve ripresa milanese. La mia politica demografica
non può avere dato ancora i suoi frutti. Ma qui si pone il
problema. Le leggi demografiche — che in ogni tempo legislatori
di ogni paese adottarono per arrestare il regresso delle nascite —
hanno avuto o possono avere una efficacia qualsiasi?
Su questo interrogativo si è
discusso animatamente e si continuerà a discutere ancora. La
mia convinzione è che se anche le leggi si fossero dimostrate
inutili, tentare bisogna, così come si tentano tutte le
medicine anche e soprattutto quando il caso è disperato.
Ma io credo che le leggi
demografiche — e le negative e le positive — possono
annullare o comunque ritardare il fenomeno, se l'organismo sociale al
quale si applicano è ancora capace di reazione. In questo caso
più che le leggi formali vale il costume morale e soprattutto
la coscienza religiosa dell'individuo. Se un uomo non sente la gioia
e l'orgoglio di essere «continuato» come individuo, come
famiglia e come popolo; se un uomo non sente per contro la tristezza
e la onta di morire come individuo, come famiglia e come popolo,
niente possono le leggi anche, e vorrei dire soprattutto, se
draconiane. Bisogna che le leggi siano un pungolo al costume. Ecco
che il mio discorso va dirittamente ai fascisti e alle famiglie
fasciste. Questa è la pietra più pura del paragone alla
quale sarà saggiata la coscienza delle generazioni fasciste.
Si tratta di vedere se l'anima dell'Italia fascista è o non è
irreparabilmente impestata di edonismo, borghesismo, filisteismo. Il
coefficiente di natalità non è soltanto l'indice della
progrediente potenza della Patria, non è soltanto come dice
Spengler, «l'unica arma del popolo italiano», ma è
anche quello che distinguerà dagli altri popoli, europei, il
popolo fascista, in quanto indicherà la sua vitalità e
la sua volontà di tramandare questa vitalità nei
secoli. Se noi non rimonteremo la corrente, tutto quanto ha fatto e
farà la Rivoluzione fascista, sarà perfettamente
inutile perché, ad un certo momento, campi, scuole, caserme,
navi, officine non avranno più uomini. Uno scrittore francese
che si è occupato di questi problemi ha detto: per parlare di
problemi nazionali occorre in primo luogo che la Nazione esista. Ora
una Nazione esiste non solo come storia o come territorio, ma come
masse umane che si riproducono di generazione in generazione. Caso
contrario è la servitù o la fine. Fascisti italiani:
Hegel, il filosofo dello Stato, ha detto: Non è uomo chi non è
padre!
(segue...)
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