(segue) Il giornalismo come missione
(10 ottobre 1928)
[Inizio scritto]

      È, per esempio, assurdo che un giornale di circolazione provinciale voglia imbibire i suoi lettori con pagine intere di politica estera mondiale. La differenziazione di cui parlavo è legata quindi a una vera e propria divisione del lavoro, affidata, più che a misure dall'alto, al buon senso dei giornali fascisti.
      Ciò precisato, la stampa nazionale, regionale e provinciale serve il Regime illustrandone l'opera quotidiana, creando e mantenendo un ambiente di consenso intorno a quest'opera.
      È grande ventura per voi di vivere in questo primo straordinario quarto di secolo: è grande ventura per voi di poter seguire la Rivoluzione fascista nelle sue progredienti tappe. Il destino è stato particolarmente benigno con voi, cui ha concesso di essere giornalisti durante una guerra e durante una rivoluzione, eventi entrambi rari e memorabili nella storia delle Nazioni.
      Ora, tutti coloro che credono di servire il Fascismo ed il Regime lo servono effettivamente e utilmente? Non sempre. Non rendono un servizio al Regime coloro, i quali abbondano di aggettivi laudativi e cantano a rime obbligate, e quindi alla fine convenzionali, ogni atto e fatto, anche se di piccola portata, ogni uomo, anche se di modesta levatura. Bisogna deflazionare e saper tenere le distanze. Sei anni di fatti della Rivoluzione fascista sono più grandi di ogni parola, e soprattutto di molte parole. I sostantivi rendono superflui gli aggettivi.
      Non rendono un servizio al Regime coloro, i quali danno uno spazio eccessivo alla cronaca nera e la «sensibilizzano» ai fini dello smercio di copie, o coloro, i quali trascurano la formazione materiale del giornale, che deve essere attentamente vigilato nei titoli e nel testo, soprattutto nei titoli. Ho letto, ad esempio, riportata la notizia di un premio dato a uno scrittore che fa la spoletta fra il carcere e l'ospedale, con questo titolo: «Genio e follia», come se il genio fosse irremissibilmente domiciliato nei manicomi; un infortunio sul lavoro diventa una terrificante catastrofe; si sente il bisogno di far sapere che «un giovane professore ha sparato sulla moglie», come se ciò interessasse particolarmente il genere umano, oltre i portinai e i più prossimi parenti; si ricucina per la milionesima volta il mistero di Rodolfo a Mayerling, e si ristampa sino alla noia la storia della Baker, o sedicente «venere nera». Tutto ciò è diseducativo. Tutto ciò è giornalismo vecchio Regime. È necessario che il giornalismo nuovo Regime, cioè fascista, si disincagli da queste posizioni mentali e muova alla ricerca e all'illustrazione di tutti gli altri vari e grandi aspetti e problemi della vita degli individui e della vita di un popolo.

(segue...)