(segue) La diana del nuovo tempo
(9 dicembre 1928)
[Inizio scritto]
Camerati, la enorme maggioranza di
voi ritornerà in quest'aula. Taluni di voi troveranno più
acconcio veleggiare verso Palazzo Madama. E anche essi serviranno
degnamente il Regime e la Patria.
Non sarà inopportuno
ricordare che uno dei meriti del Regime fascista è stato
questo: di ridare il prestigio al vecchio Senato. Non si dice nulla
di irrispettoso se si constata che tale prestigio era fortemente
diminuito nei tempi che precedettero la Marcia su Roma.
Mille sono i designati,
quattrocento gli eletti. Bisognerà convincersi che non
entreranno alla Camera talune categorie di persone verso le quali ho
sempre avuto una irresistibile antipatia. Anzitutto i vociferatori, i
creatori, i portatori e distributori di voci, spesso con l'aggiunta
della calunnia anonima.
Non entreranno coloro che avessero
tendenze di profittismo e finalmente — l'elenco di queste
categorie potrebbe continuare — coloro i quali hanno un
coraggio leonino fino alle ore 11 e tre quarti, e lo perdono nel
breve periodo che va dalle undici e tre quarti a mezzogiorno.
Se la Camera, che sta per chiudere
oggi i suoi lavori, è stata, dal punto di vista numerico,
dell'85 per cento fascista, la Camera che si riunirà qui la
prima volta il 20 aprile, sabato, dall'anno VII, sarà una
Camera fascista al cento per cento. E saranno quattrocento fascisti
regolarmente iscritti al Partito.
Scommetto, non tra di noi certo,
ma tra altri, che è possibile una specie di sorpresa. Una
Camera così totalitaria è un assurdo. No, non è
un assurdo. È prima di tutto una necessità, come vi
dirò fra poco, è un riconoscimento della totalitarietà
del Regime, e soprattutto avvia ai nuovi compiti che io intendo
attribuire alla Camera. La Camera di domani potrà liberamente
discutere l'opera del Governo; beninteso non a scopo di
rovesciamento, ma a scopo di critica e di collaborazione.
(segue...)
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