(segue) La diana del nuovo tempo
(9 dicembre 1928)
[Inizio scritto]
Ma al disopra, al disotto, o di
fianco a questi patti, è una realtà che non dobbiamo
ignorare, se non vogliamo commettere un delitto di lesa Nazione. E la
realtà è questa, o signori: che tutto il mondo arma!
Le cronache dei giornali
registrano ogni giorno i vari dei sottomarini, degli incrociatori e
di altri arnesi pacifici di guerra.
Avrete certamente seguito le
discussioni svoltesi in altri Parlamenti, dalle quali discussioni
risulta che il numero dei cannoni e delle baionette è in
aumento.
Non bisogna farsi delle illusioni
sullo stato politico generale dell'Europa. Quando si avvicinano le
tempeste, è allora che si parla di quiete e di pace, quasi per
un bisogno profondo dello spirito. Noi non vogliamo turbare
l'equilibrio europeo, ma dobbiamo esser pronti. Nessuno quindi di voi
si stupirà, e nessuno nella Nazione dovrà stupirsi se
io, a convalescenza inoltrata o ultimata, chiederò un altro
sforzo alla Nazione per mettere al punto giusto le forze della terra,
del mare e del cielo.
L'Italia fascista realizza una
politica estera che gli stessi avversari riconoscono logica e
pacifica. Ma il carattere differenziale della politica estera
fascista sta in ciò, che il periodo mal augurato e mal
ricordabile dei giri di valzer è finito.
Noi siamo molto prudenti prima di
dare la nostra amicizia a qualcuno, ma quando un patto in tal senso
esista, si sappia che per l'amicizia o per il suo contrario noi
andiamo fino in fondo.
Questo non è che un piccolo
anticipo del discorso che pronunzierò ai primi di marzo, nella
prima grande quinquennale assemblea del Regime.
Andiamo incontro al plebiscito.
Più io penso alla nostra legge elettorale e più io la
trovo ottima, tanto dal punto di vista della logica, come della
opportunità. Noi abbiamo realizzato un sistema, per cui tutte
le forze organizzate del Paese, in tutti i campi, anche i più
disparati, possono avere una rappresentanza sicura nella assemblea
legislativa della Nazione.
(segue...)
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