(segue) Relazione alla Camera sugli accordi del Laterano
(14 maggio 1929)
[Inizio scritto]

      Voi tutti conoscete l'entusiasmo immenso che i primi atti di questo Pontefice suscitarono nel mondo italiano e cattolico e le delusioni che ne seguirono, quando il Papa, nell'inverno del 1848, dopo l'assassinio di Pellegrino Rossi, se ne andò a Gaeta. Tutte le potenze di Europa gli offersero ospitalità: la Repubblica Francese gli offerse asilo, il Consiglio Generale di Vaucluse gli offerse Avignone, il Re di Sardegna incaricò il Vescovo di Savona monsignor Ricci di Netro e il Marchese di Montezemolo di offrirgli Nizza, il Ministro degli Esteri spagnuolo, don Pedro y Pidal, mandò una nota alle Potenze per la convocazione di un Congresso per fissare la sede del Papa. Altri Stati, come il Brasile, il Messico, l'Australia, gli offersero ospitalità. Nel 1870 nessuno Stato offerse ospitalità al Papa, come vi dirò tra poco. Ma, intanto, la Repubblica Romana, dopo aver organizzato il Governo, si trovò ancora di fronte alle difficoltà della coesistenza di due poteri nella stessa sede.
      Vediamo come fu fronteggiato questo problema. Alle ore 1 del 9 febbraio 1849, sotto la presidenza del Generale Galletti — e vi erano, tra i segretari della Costituente, persone egregie, e, tra gli altri, Quirico Filopanti, il cui nome suscita ancora qualche eco nelle terre di Bologna — si decretava: «il Papa è decaduto di diritto e di fatto dal governo temporale dello Stato romano». Sta bene. Ma l'articolo 2 del decreto aggiungeva: «il Pontefice romano avrà tutte le guarentigie necessarie per l'indipendenza nell'esercizio della sua potestà spirituale». Questo parve troppo ad un signor Gabussi, deputato di Civitavecchia alla Costituente, il quale così insorse: «riconoscere e constatare nel Papa il diritto di sedere in Roma come Pontefice, fu un pessimo, rovinoso precedente».
      Singolare anche quanto appare nel progetto di costituzione della Repubblica Romana, discussa nel giugno del 1849, quando i francesi erano già sotto le mura della città, e si combatteva eroicamente: in quelle sedute, la Commissione mista preparatoria aveva proposto un articolo, il settimo, così concepito: «la religione cattolica è la religione dello Stato. Dalla credenza religiosa non dipende l'esercizio dei diritti civili e politici». Ci fu una lunga discussione. Il primo periodo dell'articolo fu respinto a maggioranza; passò invece l'articolo 8 della costituzione della Repubblica Romana, che così diceva: «il Capo della Chiesa Cattolica avrà dalla Repubblica le guarentigie necessarie per l'esercizio indipendente del potere spirituale».

(segue...)