(segue) Relazione alla Camera sugli accordi del Laterano
(14 maggio 1929)
[Inizio scritto]

      Tra il 2 e il 3 febbraio del 1861 Cavour proponeva al Cardinale Antonelli, per mezzo di Omero Bozini di Vercelli, quanto segue:
      «a) che la Corte Romana riconoscesse e consacrasse Vittorio Emanuele Re d'Italia;
      «b) che il Papa conservasse il diritto di alta sovranità sopra il patrimonio di San Pietro, il quale però sarebbe governato civilmente da Vittorio Emanuele e suoi successori quali vicari del Sommo Pontefice».
      Ad altre trattative più importanti parteciparono, come ognuno di voi sa, il padre Passaglia, Diomede Pantaleoni, Antonino Isaia. Queste trattative falliscono. Il 18 marzo 1861 Pio IX dichiara solennemente nel Concistoro di respingere qualsiasi conciliazione. Il moto si accelera ancora di più. Il 25 marzo 1861 Cavour si fa interpellare dal deputato Audinot e in quella e in una successiva seduta pronuncia due discorsi che lo pongono nell'empireo degli uomini politici di tutti i tempi e di tutte le nazioni. Questo freddo piemontese trova accenti così solenni, così passionali, così ferrei per rivendicare il diritto dell'Italia su Roma che ancora oggi, a distanza di sessant'anni, non si possono leggere quelle pagine senza essere pervasi da una intima, intensa, profonda commozione. Tuttavia egli non disperava di concludere. Sino all'ultimo momento, quando stava per morire, egli diceva al frate che lo confessava: «Frate, frate, libera Chiesa in libero Stato».
      La discussione si concluse con due ordini del giorno. Quello presentato alla Camera dall'on. Boncompagni diceva: «La Camera, udite le dichiarazioni del Ministero, considerando che assicurata la dignità, il decoro e la indipendenza del Pontefice e la piena libertà della Chiesa, abbia luogo, di concerto con la Francia, l'applicazione del principio del non intervento e che Roma, Capitale acclamata dall'opinione nazionale, sia resa all'Italia, passa all'ordine del giorno».

(segue...)