(segue) Relazione alla Camera sugli accordi del Laterano
(14 maggio 1929)
[Inizio scritto]
Non si può pensare una
separazione nettissima tra questi due enti, perché il
cittadino è cattolico e il cattolico è cittadino.
Bisogna dunque determinare i confini tra quelle che sono le materie
miste. D'altra parte la lotta tra la Chiesa e lo Stato è
millenaria: o è l'Imperatore che domina il Papa o è il
Papa che domina l'Imperatore. Negli Stati moderni, negli Stati a
solida organizzazione costituzionale moderna, dato lo sviluppo dei
tempi, si preferisce vivere in regime di Concordato. Io credo che
Cavour volesse appunto pensare a una siffatta soluzione del problema
dei rapporti tra la Chiesa e lo Stato.
Siamo all'ultimo decennio, quello
che va dal 1860 al 1870. Tentativo disperato di Aspromonte. Due anni
dopo le convenzioni di settembre e conseguente dissidio tra gli
uomini che guidavano la Rivoluzione italiana e che fu fortissimo.
Intanto che cosa erano le
convenzioni di settembre? Un patto firmato a Saint Cloud il 15
settembre 1864 tra il Governo italiano e la Francia, che conteneva
queste tre clausole:
1°) l'Italia si impegnava a
non attaccare il territorio rimasto dopo il 1860 al Papa e ad
impedire, anche con la forza, ogni attacco esteriore a questo
territorio;
2°) la Francia ritirava le sue
truppe nel termine di due anni, man mano che veniva riorganizzato
l'esercito pontificio;
3°) il Governo italiano
consentiva la costituzione di questo esercito composto di stranieri.
Parve in quel momento che il
Governo italiano, il quale stava per trasportare la sua capitale a
Firenze, avesse rinunziato alla conquista di Roma. Garibaldi, da
Caprera, insorse, e, in data 10 ottobre 1864, scriveva: «che i
colpevoli cerchino di trovare dei complici è naturale, ma che
mi si voglia immergere nel fango da uomini che sporcano l'Italia con
le convenzioni del 15 settembre, non me l'aspettavo. Con Bonaparte
non v'è che una sola condizione possibile: purificare il
nostro paese dalla sua presenza, non in due anni, ma in due ore».
Naturalmente Mazzini, come sempre esagitato e profetico, rincarava la
dose, e diceva: «Poche e chiare parole, la convenzione fra il
Governo Nazionale e Luigi Napoleone concernente Roma tradisce le
dichiarazioni del Parlamento, tradisce le dichiarazioni governative
ripetute successivamente dai Ministri che tennero dietro a Cavour,
tradisce le dichiarazioni contenute nei Plebisciti che formarono il
Regno d'Italia: Plebisciti, Governo, Parlamento, hanno decretato che
l'Italia sarebbe una e che Roma ne sarebbe la metropoli». E più
oltre: «La scelta arbitraria di Firenze a metropoli, irrita
giustamente Torino, la cui tradizione non deve cedere che alla
tradizione storica italo-europea, immedesimata in Roma. Il Governo
aveva pensato a Napoli, ma bisognava che il trionfo di Luigi
Napoleone non avesse termine».
(segue...)
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